Fabrizio Cicchitto, ex colonnello berlusconiano che ha abbandonato la nave quando ancora non c’erano evidente segnali di cedimento, risponde alla nostra telefonata tra una lettura e un’altra, lui che si definisce «uno degli ultimi tossicodipendenti da giornali rimasti». Spiega che «Forza Italia è morente, il Movimento 5 Stelle è messo come è messo e il Pd oscilla tra proposte riformiste e altre troppo radicali». In questo contesto, dice, «l’unico che sta in piedi è Draghi».

Coraggio Italia, la nuova formazione di Toti e Brugnaro, finirà per assorbire Forza Italia?

Come nei libri gialli, farei un passo indietro.

Nel senso che, dal mio punto di vista, tutto deriva dal tragico errore di Berlusconi nel 2013 ( aveva tutte le ragioni per perdere la via, dato che sia la sentenza della Cassazione che l’esclusione dal Senato furono atti forzati). In quel momento c’era un’area moderata guidata da Alfano e altri e un’ala più estremista guidata da Santanchè e, paradossalmente, Verdini. Berlusconi oscillò ma a un certo punto prevalse la linea estremista che lo portò a togliere il sostegno a Enrico Letta e questo provocò la scissione in Forza Italia.

Da lì lei abbandonò la nave e nacquero il Nuovo centrodestra prima e Alternativa popolare poi, che non ebbero grandi fortune.

Da lì cominciò la parabola discendente di Berlusconi ma paradossalmente la creazione di un’area moderata gli consentì di guadagnare tempo impedendo il voto anticipato. Dopodiché, una volta diventato Renzi segretario Pd, Verdini da estremista diventò moderato e costruì il patto del Nazareno. La rottura sulla presidenza della Repubblica fu un altro errore tragico, perché Amato e Mattarella erano molto simili, non avrebbero pugnalato chi li aveva eletti ma non avrebbero nemmeno acconsentito a qualunque desiderio delle parti.

Fino alle elezioni del 2018, quando la Lega sorpassò Forza Italia. Il declino è inesorabile?

Quello fu l’inizio dei veri guai per Berlusconi, perché in politica o presidi bene gli spazi o le cose si complicano. E i suoi zig zag tra estremismo e moderatismo provocarono l’ascesa di Salvini e Meloni. È vero quello che dice oggi Tajani, che non solo quella di Ncd e Ap ma anche altre secessioni da Forza Italia non si sono tradotte in grandi risultati elettorali, ma quella perdita di classe dirigente da parte di FI si è tradotta in una disfatta elettorale per la stessa Forza Italia.

E così arrivano Toti e Brugnaro, sui quali convergono numerosi parlamentari azzurri facendo scattare l’ira forzista. Come finirà?

Non so a livello elettorale quanto possa valere questa nuova formazione, ma oggi c’è un insediamento locale significativo, anche se circoscritto, da parte di Toti e Brugnaro e ciò dipende dal fatto che in questi anni Berlusconi ha rinunciato a svolgere un ruolo politico aggressivo di centro. Andando dietro a Salvini e Meloni, Berlusconi ha lasciato spazio in quel terreno che oggi viene riempito da Toti e Brugnaro, i quali avvertono, da un lato, che c’è il desiderio di un’area moderata; dall’altro, che la figura di Berlusconi, pur rimanendo di forte carisma, ha lasciato il potere a Ghedini e Ronzulli, che sono totalmente subalterni a Salvini.

Nei vertici del centrodestra è tuttavia sempre Tajani a fare le veci di Berlusconi. Crede che in questo modo Forza Italia morirà politicamente?

Tajani prova a mettere le virgole al posto dei punti, ma è molto sbiadito a livello nazionale. Nei confronti di Salvini e Meloni quasi scompare e questo lascia spazio agli altri soggetti. Forza Italia da anni non ha più vita interna, manca di riferimenti culturali significativi. La rappresentanza ministeriale è tutta dell’area moderata e sembra quasi che Draghi si sia scelto i ministri azzurri.

C’è chi parla anche di un possibile accordo tra Coraggio Italia e Italia viva per un nuovo contenitore di centro. È possibile?

La domanda in una fascia elettorale moderata, centrista e liberale attorno al 10 per cento c’è, ma la domanda non sempre corrisponde all’offerta. I soggetti che provano a esplodere sono tanti, da Renzi a Calenda, fino a Bonino e ora Toti e Brugnaro, ma finora gli exploit sono stati pochi. C’è poi il discorso, particolare, della Lega.

Cioè?

La Lega da Roma in giù è un agglomerato di clientele miste a formazioni di estrema destra. Ma da Bologna in su è un sindacato interclassista di piccola e media impresa fornitore o subfornitore di imprese tedesche grazie all’euro. E quindi Salvini con l’arrivo di Draghi è stato costretto a cambiare i toni, diventati talvolta anche moderati grazie a Giorgetti e Garavaglia. Ma da qui a pensare a questo centrodestra come un’efficace alternativa politica ce ne passa. Per non parlare degli altri, che forse stanno messi anche peggio.

Parliamone invece. A cosa si riferisce?

Beh, il Movimento 5 Stelle è messo come è messo. L’uscita di Di Maio risponde all’esigenza di non poter fare il contrario di quello che hai programmato senza dare ragioni politiche e cultuali a questa dimensione. Ma nel momento stesso in cui lo fai rischi di andare contro le tue scelte originarie, come quella sul giustizialismo. E poi Conte è indaffarato con la questione Rousseau, chissà se si risolverà mai.

E il Pd?

Il Pd ha oscillato tra un “credere, obbedire e combattere” vicino a Conte, nel quale si riconosceva l’ingraismo di ritorno di Bettini, e la svolta arrivata con Letta, il quale tuttavia alterna posizioni riformiste ad altre troppo radicali.

Non si salva nessuno insomma.

L’unico che sta in piedi al momento è Draghi, sostenuto da centrodestra e centrosinistra, entrambi in stato confusionale. Ma il centrodestra ha anche altri problemi, come trovare candidati degni in città come Roma e Milano. Non so se sarà in grado.