«Vi sono ottimi giudici che svolgono la loro funzione giudicante e tra questi vi sono anche capi di istituto esemplari che riescono a non far accumulare arretrati. Completamente separata e diversa è la posizione dei procuratori-investigatori. Questi hanno sviluppato un nuovo potere dello Stato, che certamente va oltre il dettato costituzionale. Pensi soltanto a quella norma dell'articolo 111 della Costituzione secondo la quale la persona accusata di un reato è "informata riservatamente della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico". Le pare una norma rispettata?». Per Sabino Cassese, giudice emerito della Corte Costituzionale, quando si parla di potere della magistratura bisogna fare un distinguo. E come spiega in un'intervista al quotidiano Libero, a proposito della «parabola Davigo», bisogna lasciare da parte «i problemi personali, che fanno parte degli epifenomeni, facendo attenzione ai fenomeni». «Sia la vicenda Palamara, sia quest'altra della procura milanese hanno attirato l'attenzione per gli aspetti di superficie, mentre hanno rivelato aspetti più profondi e pericolosi, sui quali si dovrebbe concentrare l'attenzione. Un solo esempio: quali poteri ha il capo di una procura? Possono i procuratori muoversi del tutto liberamente, come se fossero giudici giudicanti?». A proposito di riforma della Giustizia, spiega Cassese, la ministra Cartabia «è partita col piede giusto, cercando rimedi alla lunghezza dei processi, perché organizzazione e il funzionamento della giustizia sono molto rudimentali. Dovrà poi passare al più spinoso tema delle procure e del Consiglio superiore della magistratura. Qui si scontrerà contro con quel 20 per cento di magistrati che sono addetti alle funzioni investigative e che hanno trasformato gli organi di accusa in un nuovo potere dello Stato».