E’ stata depositata la relazione della commissione Lattanzi istituita per formulare proposte di riforma al ddl n. 2435 presentato dal Ministro Buonafede. La sua immediata diffusione tra gli operatori consente di focalizzare gli aspetti più significativi dell’ipotesi di modifica che sono state avanzate.

Sono tre le aree di intervento: proposte relative al processo penale; proposte in tema di prescrizione e di rimedi per la durata irragionevole del processo penale; proposte in tema di sistema sanzionatorio e di giustizia riparativa. Rispetto al citato ddl Bonafede il punto di forza di novità è costituito dal significativo intervento sul sistema sanzionatorio, sia sotto il profilo della disciplina di diritto penale sostanziale, sia sotto l’aspetto più strettamente legato al processo penale. Sotto il primo profilo va segnalato il nuovo statuto della pena pecuniaria che si vuole rendere effettiva (anche in termini di cassa) ma soprattutto centrale nel nuovo sistema sanzionatorio; la previsione di diverse sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi; l’allargamento delle maglie della tenuità del fatto e dei reati per i quali è consentita la richiesta di sospensione del processo e messa alla prova. Completa il ventaglio delle riferite opzione l’introduzione di nuovo conio – già sperimentato in altri Paesi – della giustizia riparativa.

Sul piano processuale, la riscrittura del sistema sanzionatorio è affidata ai riti premiali del patteggiamento, del rito abbreviato e del procedimento per decreto. Per il primo, escluse le ipotesi preclusive, è previsto l’accesso alla pena concordata nei limiti dei cinque anni conseguita a seguito di un possibile abbattimento di quella in concreto nella misura della metà. L’operatività del procedimento per decreto sarà incrementata dai nuovi parametri di conversione della pena detentiva in pena pecuniaria; è prevista l’estinzione del reato condizionato al necessario pagamento della pena pecuniaria; sarà possibile la riduzione di un quinto del pagamento della pena pecuniaria in caso di rinuncia all’opposizione.

Quanto all’abbreviato, quello condizionato andrà proposto solo nel giudizio fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento conferendo al giudice la valutazione dell’economicità del rito contratto, prevedendosi altresì che in caso di omessa proposizione dell’appello il giudice dell’esecuzione potrà ridurre la pena un sesto. La seconda linea di intervento, orientata a costituire le premesse per un processo teso a una durata ragionevole, è costituita dall’alleggerimento del carico giudiziario che si intende realizzare attraverso l’estinzione delle contravvenzioni per adempimento della prestazione determinata da un organo accertatore; dall’archiviazione meritata e dall’ampliamento delle ipotesi e delle soglie di pena della procedibilità a querela. Alla logica del decongestionamento possono essere ricondotte anche le previsioni della tutela degli interessi civili, sia sotto il profilo della ridefinizione dei soggetti titolari delle pretese, sia sotto l’aspetto dei diritti esercitabili nel processo penale, sia con riferimento al meglio puntualizzato ruolo degli enti esponenziali.

Venendo più direttamente a considerare gli sviluppi procedimentali, la Commissione conferma quanto già noto in relazione alle ipotizzate nuove regole di giudizio per l’archiviazione e per il rinvio a dibattimento. Si tratta di prognosi di condanna, con conseguente elevazioni - in concreto – degli elementi investigativi e probatori proiettati sull’esito del giudizio. E’ difficile dire come quest’ultimo elemento, sia quelli precedenti, soprattutto quelli processuali premiali, ancorché fortemente incentivati, possano incidere sulle scelte e sulle strategie difensive anche tenendo conto del venir meno della sponda estintiva costituita dalla prescrizione, peraltro già da tempo difficile da materializzarsi, stante il progressivo incremento del tempo della sua maturazione. Pochi aggiustamenti, peraltro già presenti nel ddl Bonafede, caratterizzano i percorsi delle indagini preliminari e del giudizio. Quanto alla fase investigativa, si cerca di operare in modo da superare i tempi morti, rispettare la tempestività e le condizioni delle iscrizioni nel registro ex art. 335 cpp, di contenere i tempi delle attività e degli adempimenti successivi al suo compimento. Se non in termini di celerità, ma almeno di trasparenza dovrebbe operare la previsione dei criteri di priorità o di ordine nell’esercizio dell’azione penale.

Un discorso a parte, va fatto con riferimento al giudizio dinanzi al giudice in composizione monocratica, senza udienza preliminare, con ipotesi delittuose da definire ulteriormente, dove tuttavia permane la presenza di una “improbabile” udienza predibattimentale di filtro e non è del tutto sciolta l’alternativa fra monocraticità e collegialità in appello rimandata a una scelta che guardando alla legislazione francese preveda la richiesta di parte o l’iniziativa d’ufficio. E’ inutile nasconderlo, la disciplina dell’impugnazione dell’appello in particolare, manifesta, anche a un osservatore non prevenuto, forti riserve di ordine sistematico e di merito.

Senza entrare in questa occasione nel merito della scelta di escludere la legittimazione ad appellare del p. m. e della parte civile, che potranno ricorrere per tutti i motivi dell’art. 606 cpp e dei conseguenti raccordi normativi ( eliminazione dell’appello incidentale dell’imputato e abrogazione dell’art. 603, comma 3 bis, cpp) va vista negativamente la previsione di una griglia di motivi di legittimità e di merito per i quali l’imputato potrà promuovere il giudizio di seconda istanza, ma soprattutto va valutata criticamente la cartolarizzazione del rito, con udienze camerali non partecipate ( fatta salva una richiesta). L’integrarsi di due elementi prospetta un giudizio di secondo grado non adeguato alla sua funzione di controllo in estrinsecazione delle istanze difensive, pur nella conservata operatività del divieto della reformatio in pejus e l’eliminazione delle attuali preclusioni del concordato. Il giudizio d’appello poi non può essere ridotto al giudizio sui ùmotivi con il concreto rischio del recupero del canone della manifesta infondatezza, ingessando sempre più il percorso processuale.

Riserve in parte analoghe sono prospettabili anche per il ricorso in cassazione seppur temperato da un inedito interpello in materia di competenza territoriale e di una nuova impugnazione straordinaria per l’attuazione delle sentenze CEDU. Come paventato l’eccezionalità pandemica diventa regola. Come anticipato, a parte va considerato seppur anche questo dato inciderà sulle scelte difensive, il tema della prescrizione e dei rimedi ( compensativi e risarcitori) conseguente al mancato rispetto dei termini di durata ragionevole del processo. Sul punto la Commissione elabora due proposte alternative lasciando alla politica il compito di sciogliere i nodi di un profilo molto controverso. Nella prima ipotesi, la prescrizione sarebbe sospesa con l’esercizio dell’azione penale ed il mancato rispetto delle successive scansioni processuali costituirebbe una causa di improcedibilità della stessa azione penale. Nella seconda ipotesi, la prescrizione sarebbe sospesa con la sentenza di condanna di primo grado e di secondo grado di conferma della condanna e riprenderebbe il suo percorso con recupero della sospensione in mancanza di definizione del processo nei termini prefissati.

In ogni caso, qualora si configuri una durata irragionevole del processo, sono previsti riduzioni di pena e rimedi risarcitori liquidati a titolo di equa riparazione. Il dato significativo è costituito dal fatto che la Commissione suggerisce – considerato che comunque gli effetti della riforma sono differiti nel tempo ( 2024 e 2025) – di inserire le modifiche nel più ampio contesto della legge delega ( e dei suoi tempi) mentre attualmente questa parte della riforma nei termini scelti dal legislatore risulterebbe soggetta all’approvazione del ddl da parte del parlamento. Tentando, a prima lettura e impressione, una valutazione deve dirsi che la proposta evidenzia, al di là del merito legato alle singole proposte la sua forza nella ridelineata ridefinizione complessiva del panorama sanzionatorio penale e processuale e nella presenza di strumenti votati alla razionalizzazione e al superamento di criticità più volte evidenziate in dottrina e nella prassi.

Per quante argomentazioni a supporto possano essere prospettate, va ribadito che la disciplina dell’appello e del ricorso per cassazione delineato dalla Commissione non appare condivisibile né nel merito, né nelle finalità. Con tutto il rispetto, a differenza del sistema sanzionatorio, è mancata una visione delle criticità e delle distorsioni che l’attuale struttura processuale, come si è venuta consolidando, evidenzia sul piano del controllo da parte del giudice per le indagini preliminari e del giudice del dibattimento nella fase del giudizio, dato reso ancor più necessario con il prospettato ridimensionamento dei momenti di controllo delle decisioni.