Potrebbero aprirsi nuovamente le indagini, molto più approfondite, in merito ai presunti pestaggi avvenuti nel carcere di Pavia dopo le rivolte di marzo 2020. L’esposto presentato dai detenuti, presunte vittime di pestaggi, era stato archiviato mesi fa. Ma arriva il colpo di scena: la giudice Valentina Nevoso ha annullato l’archiviazione suggerendo di fare ulteriori indagini. Esulta l’associazione Antigone che ha seguito il caso fin dall’inizio tramite l’avvocata Simona Filippi. L’esposto dei detenuti riguarda un pestaggio che avrebbero subito all’indomani della rivolta dell’8 marzo, quella che ha riguardato diversi istituti penitenziari. Secondo la loro ricostruzione gli agenti si sarebbero prima presentati nelle loro celle, verso le due di notte, per insultarli e minacciarli. Il giorno dopo alcuni detenuti sarebbero stati convocati nella saletta ricreativa della sezione, dove sarebbero stati picchiati. Sono diversi i procedimenti per presunti pestaggi dopo le rivolte di marzo 2020 Non è da poco, visto che con l’annullamento dell’archiviazione rimangono ancora in piedi diversi procedimenti riguardanti i presunti pestaggi avvenuti in seguito alle rivolte di marzo dell’anno scorso che hanno coinvolto diverse carceri italiane. Come spiega l’avvocata Filippi di Antigone, gli esposti sono tutti in fase di indagini, ad eccezione del caso del carcere di Modena dove si registrarono nove morti e la procura ha chiesto di recente l’archiviazione. A questo punto, vale la pena elencare i diversi procedimenti aperti sui presunti casi di reato di tortura post rivolte. Per questo bisogna rispolverare l’ultimo rapporto di Antigone “Oltre il virus”, dove c’è una panoramica completa. Da Milano a Foggia: tantissime le denunce di violenze Partiamo da Milano. A marzo 2020, nel corso dell’emergenza pandemica, Antigone viene contattata da molti familiari di persone detenute presso il Carcere di Opera, a Milano. L’associazione riceve la segnalazione di violenze, abusi e maltrattamenti nei confronti dei propri familiari, che sarebbero stati così puniti per la rivolta che avevano portato avanti in precedenza nel primo reparto. A seguire Antigone ha presentato un esposto per tortura. Sempre nello stesso periodo, Antigone viene contattata dai familiari di diverse persone detenute presso il carcere di Melfi. Denunciano gravi violenze, abusi e maltrattamenti subiti dai propri familiari nella notte tra il 16 ed il 17 marzo 2020, verso le ore 3.30. Come a Milano, si tratterebbe di una punizione per la protesta scoppiata il 9 marzo 2020. Le testimonianze parlano di detenuti denudati, picchiati, insultati e messi in isolamento. Molte delle vittime sarebbero poi state trasferite. Durante le traduzioni non sarebbe stato consentito loro di andare in bagno. E sarebbero state fatte firmare loro delle dichiarazioni in cui attestavano di essere cadute accidentalmente. Ad aprile 2020 Antigone ha presentato un esposto per violenze, abusi e torture.Nel mese di aprile del 2020, invece, Antigone viene contattata da familiari di varie persone detenute presso il reparto “Nilo” della casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere per denunciare i presunti abusi, violenze e torture che alcuni detenuti avrebbero subito nel pomeriggio del 6 aprile 2020, anche qui come ritorsione per la protesta del giorno precedente,che aveva fatto seguito alla notizia secondo cui vi era nell’istituto una persona positiva al coronavirus. I medici avrebbero visitato solo alcune delle persone detenute poste in isolamento, non refertandone peraltro le lesioni. A fine aprile 2020 Antigone ha presentato un esposto per tortura, percosse, omissione di referto, falso e favoreggiamento. A giugno 2020 la Procura fa notificare dai carabinieri avvisi di garanzia a 44 agenti di polizia penitenziaria indagati per tortura, abuso di potere e violenza privata. Agli atti dell’inchiesta ci sarebbero video che mostrano i pestaggi, detenuti inginocchiati e picchiati con i manganelli. A questi casi, aggiungiamo la vicenda del carcere di Foggia. Sempre a seguito della rivolta nel mese di marzo 2020. Ad occuparsi del caso è stata “La rete emergenza carcere” composta dalle associazioni Yairaiha Onlus, Bianca Guidetti Serra, Legal Team, Osservatorio Repressione e LasciateCIEntrare. Si tratta di testimonianze dei familiari di alcuni detenuti presso la Casa circondariale di Foggia prima del trasferimento in seguito alla rivolta. Sono ben sette le drammatiche testimonianze, compreso la violenza che si sarebbe perpetuata nei confronti di un detenuto in carrozzina. Il procedimento risulterebbe ancora aperto.