Non è una giornata facile per il Movimento 5 Stelle. Sono passate poche ore dal vertice con la commissione Lattanzi, il gruppo di esperti scelto da Marta Cartabia che ha preparato le revisione strutturale del ddl Bonafede. Nel summit celebrato lunedì è stata sventagliata una batteria di potenziali emendamenti alla riforma del processo: numerosi, radicali, in alcuni casi drastici, certo piuttosto lontani dall’impostazione general-preventiva cara ai pentastellati. Poche ore, e il Movimento si trova a leggere la sentenza, depositata ieri mattina, con cui la Corte costituzionale scardina il vincolo assoluto della collaborazione per il riconoscimento, agli ergastolani ostativi di mafia, della liberazione condizionale. Ebbene, i deputati grillini reagiscono alla sentenza con una durezza assai più esplicita di quanto non avessero fatto di fronte alle proposte di Lattanzi, con cui pure è sembrato preannunciarsi l’addio alla norma Bonafede sulla prescrizione. Il secondo dei due colpi subiti dalla linea restrittiva sulla giustizia rischia di essere, imprevedibilmente, un fattore di equilibrio proprio per chi sente franare definitivamente quella prospettiva.

Intanto la Consulta rimette al centro del dibattito la questione carcere. Non dimenticata ma certo neppure in cima all’agenda, perché non prevista fra le priorità necessarie per ottenere i fondi del Recovery. Secondo la Corte, l’incostituzionalità delle norme attuali è evidente, eppure reclama un intervento del legislatore, piuttosto che una «demolitoria» sentenza di illegittimità. Al Parlamento il giudice delle leggi concede un anno di tempo. La maggioranza inedita che va dalla Lega ai pentastellati, e unisce gli storici avversari del centrodestra e del centrosinistra, dovrà — dovrebbe — approvare una legge sull’ergastolo ostativo, che non precluda in assoluto la liberazione dei mafiosi “non collaboranti”, ma la regoli. L’ulteriore incombenza, che a prima vista appare come un peso tremendo pure per le spalle larghe di Cartabia, rischia di diventare un paradossale balsamo. Perché può riavvicinare le posizioni della Lega a quelle del Movimento, almeno sul punto. Ed evitare cosi un rischiosissimo effetto isolamento per i grillini. I quali, se messi in tutto e per tutto all’angolo, potrebbero finire anche per dichiarare guerra sulla prescrizione, opporsi al progetto Cartabia sul ddl penale e minacciare traumatici distacchi dalla maggioranza. Scenario che in tempo di stabilità imposta dal Recovery, si rivelerebbe esiziale.

E poi, opporsi alla Consulta sull’ergastolo ostativo potrà sembrare pretestuoso, ma consente al Movimento di affermare la propria identità, e di poter elaborare con minori compulsioni il nodo prescrizione. «L’ergastolo ostativo, da sempre misura fondamentale per la lotta alle mafie, è stato fortemente voluto da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. A seguito della sentenza della Corte costituzionale, che rispettiamo ma non condividiamo, il Parlamento è obbligato a intervenire. La proposta di legge che abbiamo depositato mira a difendere il principio per cui il mafioso che non collabora non può sostenere di avere interrotto i legami con l’associazione mafiosa. Il Movimento 5 Stelle vigilerà, in Parlamento, affinché a nessuno venga in mente di indebolire la nostra normativa antimafia». È il testo letterale della nota diffusa ieri dai deputati 5 stelle della commissione Giustizia. Che rivendicano una legge in netto contrasto con l’indicazione venuta due ore prima dalla Consulta. Una dichiarazione di guerra mai vista. Ma, per il Movimento, un segno di vitalità. Al quale non è escluso che si associ la Lega.

Proprio il partito di Matteo Salvini aveva voluto, durante il governo gialloverde, una legge molto severa in materia di ergastolo, con cui è stato abolito l’accesso al rito abbreviato per i reati punibili con il fine pena mai. Riforma peraltro ritenuta legittima dalla Consulta. Sul carcere, il Carroccio è molto più distante da Cartabia e da gran parte della maggioranza attuale che dai pentastellati. Che certo, ieri si sono espressi anche con i toni, più sereni scelti da Mario Perantoni, presidente della commissione Giustizia della Camera, il quale ha fatto notare come la Corte costituzionale riconosca «la assoluta importanza della legislazione antimafia» e non tocchi «la disciplina del 41 bis. L’intervento del Parlamento, richiesto per adeguare le disposizioni sull’ergastolo ostativo ai principi costituzionali, non potrà in alcun modo intaccarne le fondamenta», fa notare Perantoni. Ma ciò che conta è che, sulla giustizia, i 5 stelle da ieri non sono più gli unici “cattivi” del gruppo, destinati a starsene all’angolo. Una schema che Cartabia teneva a scongiurare, pur ferma sulla necessità di riaffermare i principi costituzionali. Da ieri l’obiettivo, comunque non semplice, è un po’ più a portata di mano.