Prescrizione, ragionevole durata, presunzione di innocenza: sono bastati tre mesi per riprenderci dalla sbornia del populismo penale e rivedere il diritto tornare ad affacciarsi tra le stanze di via Arenula e sulle pagine dei giornali.

Intendiamoci, nulla è ancora nero su bianco, ma il clima che si respira è di quelli che fanno ben sperare perché, come ha detto ieri il sottosegretario Sisto al nostro giornale, la competenza delle proposte ha una forza che vince su tutto. E così, anche l’avamposto grillino che era a guardia della riforma Bonafede sembra cedere di fronte al lavoro della commissione Lattanzi.

Già Lattanzi, è lui l’uomo della svolta, l’uomo della competenza, per citare Sisto. Ma è la forza tranquilla delle ministra Cartabia, la sua fede nel diritto che - scusateci - il nostro giornale aveva colto già al suo esordio a via Arenula che ha permesso l’avvio di questa nuova rivoluzione copernicana. E se la competenza non fosse bastata, la ministra ha trovato il modo di essere ancora più convincente spiegando alla “sua” maggioranza che senza riforme della giustizia addio Recovery: una responsabilità troppo grande anche per chi sogna manette e galera perpetua.

“Sulla durata dei processi il governo si gioca tutto il Recovery, non solo quello legato alla giustizia”, ha infatti spiegato Cartabia in Commissione. E poi: “Chi si sottrae al cambiamento si dovrà assumere la responsabilità di mancare un'occasione così decisiva per tutti”.

Ecco da dove è nata la piccola rivoluzione che in soli tre mesi ha rovesciato il dibattito sulla giustizia. E a chi ha ancora qualche dubbio possiamo ricordare che appena un anno fa eravamo impelagati in discussioni surreali: “Gli innocenti non finiscono in galera”, ricordate? Ecco, quella roba lì sembra archiviata. E scusate se è poco.