«Si riafferma la Costituzione. Nel metodo e nel merito. Si torna ai principi del giusto processo e della ragionevole durata con un impianto forte. Si realizza lo spirito della Carta anche nel percorso di condivisione dialettica fra il governo e il Parlamento. Nessuno fra i parlamentari presenti alla riunione ha potuto far altro che plaudire all’impostazione seguita dal gruppo di esperti, e dal presidente Giorgio Lattanzi che l’ha guidato. Ma una condivisione di fatto si è notata anche rispetto ai contenuti, seppur con la necessaria riserva di dover leggere, appena possibile, la traduzione delle ipotesi governative nei veri e propri emendamenti». Francesco Paolo Sisto è nella prima linea del governo sulla giustizia. Non solo per il ruolo di sottosegretario, ma anche perché ha partecipato a tutte le riunioni della “commissione Lattanzi”, voluta dalla guardasigilli Marta Cartabia per studiare le possibili modifiche al ddl penale. «Posso dire con molta tranquillità che l’autorevolezza e la capacita di declinarla con un approccio pacato sono stati la forza di Lattanzi in questo lavoro. La competenza ha un suo peso insuperabile, quando si tratta di giustizia e di Costituzione». Al punto da stemperare la contrarietà del Movimento 5 Stelle? Alla riunione sono intervenuti, per il Movimento, il capogruppo in commissione Saitta e il presidente Perantoni. Hanno espresso apprezzamento, come tutti, per il percorso scelto: proposte illustrate nel loro significato, con successiva, imminente traduzione in emendamenti governativi ma tutto il tempo, per i gruppi alla Camera, di subemendarli. Con la possibilità, dunque, di una transazione, di una sintesi fra tecnici e forze politiche. La Costituzione è anche in questo, nel rispetto dialettico dei ruoli fra governo e Parlamento. Quindi il superamento della prescrizione di Bonafede non provocherà l’uscita dei 5 stelle dal governo? Guardi, le rispondo così: non mi è sembrato di aver visto barricate. E il motivo mi pare chiaro, lo ripeto: la competenza delle proposte ha una forza che vince su tutto, s’impone, e si è imposta. Due soluzioni per la prescrizione: ce le illustra? La proposta “sostanziale”, come mi sembra di poterla definire, è molto netta: sospensione di due anni in appello, ma solo per i condannati in primo grado. Se dinanzi al tribunale si è stati assolti, il tempo di estinzione del reato continua a decorrere. Se i due anni di durata massima dell’appello vengono superati anche di un solo giorno, l’intero tempo di prescrizione congelato ritorna nel conteggio. Anche se la sentenza di secondo grado conferma la condanna? Certo, perché deve prevalere davvero il principio della ragionevole durata del processo. Stesso discorso in Cassazione, dove la sospensione è di un anno soltanto. Non le sarà sfuggito un dettaglio? Quale? Due anni per l’appello, un anno per il giudizio di legittimità: sono i termini massimi oltre i quali interviene il diritto al risarcimento ex legge Pinto. E infatti è un’ipotesi molto chiara nel riaffermare le garanzie. La seconda? È più articolata, e per tale motivo potrà essere valutata appieno solo nel dettaglio dell’enunciazione tecnica. In ogni caso la prescrizione del reato, seppur con alcune variabili di dettaglio, scompare dalla scena una volta esercitata l’azione penale. Cioè già con la richiesta di rinvio a giudizio? Sì. Interviene invece una prescrizione cosiddetta, impropriamente, processuale, qualora siano sforati i limiti di durata per ciascuna fase, che sarebbero di quattro anni in primo grado e di tre in appello. Raggiunto quel limite, interviene l’improcedibilità. Sarebbe in ogni caso un superamento chiarissimo della legge Bonafede. Sulla modifica della prescrizione introdotta nel 2019 c’è evidentemente una valutazione critica. Ma vorrei far notare che il vero spirito della proposta governativa è la brevità del processo coniugata con le garanzie. Lo si coglie anche negli altri contenuti. Innanzitutto, la rafforzata efficacia della funzione di filtro per l’udienza preliminare: si va a processo se vi sono elementi veri per ipotizzare un giudizio di condanna, non se gli elementi sono subordinati a un loro eventuale ulteriore sviluppo. Altra cosa molto rilevante, anche per affermare la presunzione d’innocenza a cui tengo personalmente molto: l’iscrizione a registro è un atto a garanzia dell’indagato, e non può avere altre conseguenze se non quelle inerenti il procedimento penale. C’è una novità importante anche sui criteri di priorità per l’esercizio dell’azione penale. Cosa cambia rispetto al ddl dell’ex ministro Bonafede? Deve essere il Parlamento a fissarli. Altra proposta forte della commissione Lattanzi: viene recuperata la legge Pecorella, è cioè precluso il ricorso del pm in appello se l’imputato è assolto in primo grado, con possibilità di ricorrere per Cassazione, naturalmente. Previsione bilanciata da una procedura più stringente per l’appello dell’imputato, vincolata a motivi specifici. C’è una ricerca di bilanciamento anche nella celebrazione da remoto per il secondo grado e la cassazione, sempre derogabile, e senza condizioni, su richiesta della difesa. Inoltre, si ipotizza un forte allargamento dei riti speciali, sia per il patteggiamento che per l’abbreviato. Era un altro snodo critico del ddl Bonafede. Nella proposta Lattanzi c’è un’estensione forte, che ricorre anche nell’allargamento delle fattispecie procedibili a querela, nella possibilità di patteggiare le sanzioni alternative, la confisca, le pene accessorie, nella valorizzazione dei lavori di pubblica utilità. Viene ampliata la messa alla prova, alcuni reati si estinguono con meccanismi di riparazione. Un disegno che la commissione guidata dal presidente Lattanzi sottopone al Parlamento dopo meno di due mesi. Vengono riconsiderate alcune scelte del passato, generate da alcune distrazioni. Sottosegretario, è una revisione molto profonda, il che difficilmente potrà non avere conseguenze sul piano politico. Ma nessuno impone nulla. C’è una logica che definirei di condivisione dinamica. Fra dieci giorni le proposte della commissione ministeriale si tradurranno in emendamenti, i gruppi parlamentari potranno subemendarle. Se si entra nella logica di passi indietro simmetrici, la transazione è possibile. Ma una cosa è certa. Con un impianto del genere si torna davvero alla Costituzione. E lo si fa secondo quel fine della brevità che va rispettato. Ricordiamo cosa ci è stato chiesto: ridurre del 25 per cento la durata media dei procedimenti penali, entro un quinquennio, e ridurli del 40 per cento in campo civile. Meglio di così, l’impegno sollecitato all’Italia dall’Unione europea non si potrebbe realizzare.