«Oggi chi è sotto processo corre il rischio di non essere più un uomo. Il cittadino che riceve un’informazione di garanzia, infatti, viene mediaticamente colpito nell’immagine, nella persona, negli affetti familiari, nella posizione lavorativa, nella dignità. E questa pena sociale è spesso molto più pesante rispetto a quella derivante dal fatto reato». Parola di  Francesco Paolo Sisto, sottosegretario alla Giustizia, intervenuto così nel corso di una lectio magistralis all’Università degli studi della Campania Luigi Vanvitelli. Secondo Sisto «non si può ragionare di rieducazione del reo se non si interviene in modo deciso sul processo mediatico perché oggi la sentenza arriva comunque troppo tardi, quando ormai è stata dispiegata tutta la forza spietata della condanna pubblica». «L’obiettivo è dunque quello di orientare nuovamente il procedimento giudiziario in senso costituzionalmente ortodosso, a cominciare dallo stop a quelle conferenze stampa post arresti che sono ormai diventate vere e proprie feste cautelari, passando dalla inibizione alla pubblicazione di foto e nomi dei magistrati impegnati nei processi , fino alla effettiva garanzia di un doveroso diritto all’oblio», conclude. La battaglia contro il processo mediatico è uno degli impegni prioritari per Sisto, che in un recente incontro al Consiglio Nazionale Forense aveva invitato la massima istituzione forense a unire le forze per riportare la giustizia nelle aule del tribunale. «Sono convinto che su questo tema possa esserci una sensibilità comune ed un ampio consenso a prescindere dalle appartenenze politiche», aveva detto il sottosegretario rivolgendosi al plenum del Cnf. «Bisogna restituire il processo alle aule di tribunale – aggiungeva  – a chi, nella giurisdizione, determina le sorti del processo».