Il procuratore di Milano, Francesco Greco, starebbe valutando di dimettersi prima della scadenza naturale del suo mandato, a novembre prossimo. È quanto emerso da fonti del Tribunale di Milano, dove ieri è stata organizzata una raccolta firme tra i pm per chiedere un'assemblea per affrontare i problemi organizzativi dell'ufficio, in particolare dopo che sei sostituti procuratori dal primo giugno lasceranno le funzioni per andare a lavorare per la Procura europea. La tensione, dunque, è alta dopo lo scandalo dei verbali secretati consegnati dal pm milanese Paolo Storari all’allora consigliere del Csm Piercamillo Davigo, caso che ora apre una “guerra” tra procure: oltre all’apertura di un fascicolo a Roma, che indaga su Storari per rivelazione di segreto d’ufficio e che ieri ha sentito Davigo come persona informata sui fatti, anche la procura di Brescia indaga per lo stesso reato, con un fascicolo attualmente aperto carico di ignoti. Parallelamente, è Perugia ad indagare sui contenuti di quei verbali, nei quali l’ex avvocato esterno dell’Eni Piero Amara ha parlato di una fantomatica loggia, la cosiddetta “Ungheria”, composta da magistrati, avvocati, alti funzionari e politici in grado di controllare il Paese. Sarebbero circa 40 i nomi in lista - lista mai consegnata da Amara ai pm -, ma attualmente tutte le persone tirate in ballo hanno smentito categoricamente la loro partecipazione a qualsiasi associazione segreta, reato contestato dal procuratore Raffaele Cantone.Già prima del caos verbali si vociferava della possibilità che Greco lasciasse la procura in estate. L’ultima frattura interna alla procura - la precedente si era manifestata dopo le assoluzioni nel processo a Eni - potrebbe averlo portato dunque ad accelerare ulteriormente i tempi. E secondo una fonte che conosce bene le dinamiche interne alla magistratura, «le dimissioni sono assolutamente possibili». Il Csm sorvola la questione «È un momento difficile per la magistratura», ha detto David Ermini in apertura del primo plenum dopo il nuovo caos che ha terremotato il Csm. Poche parole, quelle del vicepresidente, che sfiora appena la questione. La novità, ora, è che dalle dichiarazioni di Davigo è emerso che la consegna dei verbali è avvenuta a Milano. E ciò sposterebbe la competenza delle indagini nelle mani dei magistrati di Brescia, titolata a indagare sui colleghi milanesi. In attesa delle mosse del procuratore generale della Cassazione, Giovanni Salvi, che valuterà un possibile procedimento disciplinare, concordato con la ministra della Giustizia Marta Cartabia, il plenum di ieri ha evitato di affrontare l’argomento. Gli unici accenni sono stati quelli di Ermini, che ha evidenziato come la magistratura, così come il Csm, abbiano «voglia di grande riscatto, sente l’orgoglio di riscatto». L’indagine a Brescia L’indagine avviata a Brescia servirà a fare luce su come siano andate le cose tra il procuratore di Milano Francesco Greco e il sostituto Storari, che si è rivolto a Davigo a causa «dell’inerzia» da parte dei vertici della Procura nell’avviare le indagini sulle rivelazioni di Amara, a suo dire come forma di autotutela in caso di provvedimenti disciplinari. Ma come chiarito dal Csm, l’unica strada che il pm avrebbe potuto seguire è quella della segnalazione ufficiale alla procura generale, che avrebbe poi dovuto girare il “fascicolo” al Comitato di presidenza del Consiglio superiore della magistratura, per poi spedire il tutto, eventualmente, alla Prima Commissione, responsabile dei procedimenti disciplinari. Il pm milanese verrà ascoltato sabato prossimo alle 11. «Prendo atto della convocazione, alla quale noi ovviamente parteciperemo - ha dichiarato al Dubbio il suo legale, Paolo Della Sala -, dopodiché la questione deve risolversi all’interno del contesto istituzionale. Di più non possiamo dire». Tensioni a Milano Secondo quanto affermato da Storari, la scelta di consegnare i verbali aveva lo scopo di far arrivare la questione, tramite Davigo, al Csm, affinché intervenisse per chiarire la situazione. Il pm ha dichiarato nei giorni scorsi di aver inviato almeno dieci mail a Greco per chiedere l’avvio di indagini sulle dichiarazioni di Amara. Ma tra fine 2019 e i primi mesi del 2020 non arrivò mai alcuna comunicazione alla Procura Generale milanese, che svolge funzioni di sorveglianza, né al Consiglio giudiziario del capoluogo lombardo. Storari, dunque, non segnalò i contrasti con Greco e la collega Laura Pedio, che ha raccolto insieme a lui le dichiarazioni di Amara. E ora la procuratrice generale Francesca Nanni, che ha preso funzione a fine gennaio, ha chiesto all'ufficio di Greco una relazione sulla vicenda per capire cosa sia successo, per poi eventualmente riferire al Procuratore generale Salvi. La relazione dovrebbe essere pronta nei prossimi giorni. Tra le possibili conseguenze anche quella che la procura generali avochi a sé il fascicolo sul cosiddetto “'falso complotto Eni”, nell'ambito del quale si svolsero gli interrogatori di Amara. MI: il Csm sia parte civile A intervenire nel dibattito è anche la corrente Magistratura Indipendente, secondo cui il Csm è «oggetto di una inquietante e oscura attività di dossieraggio e delegittimazione, volta, da un lato, ad influenzare l'organo, indebitamente e dall'esterno, nell'esercizio delle proprie prerogative costituzionali e, dall'altro, a screditarne l'autorevolezza e il prestigio presso l'opinione pubblica e la cittadinanza», sostengono i consiglieri Loredana Miccichè, Paola Braggion, Antonio D'Amato e Tiziana Balduini. I quattro hanno proposto al comitato di presidenza di costituire il Csm come parte offesa per «tutelare e salvaguardare l'istituzione consiliare da indebite interferenze esterne e difenderne così l'autonomia in ogni sede». Gigliotti sapeva dei verbali Intanto anche il consigliere laico Fulvio Gigliotti - la cui segretaria, Marcella Contrafatto, prima al fianco di Davigo, ha consegnato i documenti alla stampa ed è ora indagata per calunnia - ha ammesso di aver saputo dall’ex pm di Mani Pulite di quei verbali. Davigo gliene avrebbe parlato in termini «molto generici», ha riferito all’AdnKronos, «nella primavera-estate del 2020». E in quell’occasione fece il nome del consigliere e suo ex amico Sebastiano Ardita, indicato erroneamente come componente della loggia - in realtà Amara parla di una sua presunta partecipazione ad un incontro. «Disse che esistevano queste dichiarazioni in cui si indicavano una serie di nominativi, personalità fra cui anche quella di Ardita - ha dichiarato -. Lo registro come dato puramente oggettivo».