Cosa succede adesso? Succede che inizia una fase complicata. Indecifrabile. Nella quale una parte decisiva toccherà certamente alla guardasigilli Marta Cartabia. Ma da cui la maggioranza uscirà indenne soprattutto se i partiti sapranno fare grande esercizio di pazienza.

Perché ieri, pur nel frastuono delle polemiche sul Recovery alla Camera e al Senato, il Pd ha segnato un punto di non ritorno per il proprio modello di giustizia e anche per l’alleanza coi 5 Stelle. Ha annunciato un rimedio serio al “fine processo mai” istituito dalla prescrizione di Bonafede. Nella conferenza stampa di ieri mattina ( di cui diamo ampiamente conto in altro servizio, ndr) i dem si sono mostrati coerenti con affermazioni più volte ripetute sia all’epoca della maggioranza gialloverde sia durante il governo Conte due: pur senza sopprimere lo stop alla prescrizione del reato, prevista appunto dalla norma cara ai pentastellati, hanno proposto la “prescrizione del processo” in appello ( o anche in cassazione) se quella fase del giudizio supera un limite irragionevole di durata ( da stabilirsi più precisamente nell’attuazione della legge delega). Non esiste più il “fine processo mai”: se si esagera ( e spesso i tempi della giustizia sono esagerati) la fine, invece, arriva.

Al Movimento 5 Stelle non piacerà. Il Pd lo sa bene. Ma ieri i dirigenti dem hanno ricordato di aver sempre espresso le loro perplessità sulla prescrizione di Bonafede, votata dal Movimento insieme con la Lega. E il capogruppo in commissione Giustizia Franco Mirabelli ha detto, non casualmente: «Li convinceremo a modificare quella norma». Al momento, i pentastellati non sembrano volerne sapere. D’altra parte, con l’intervento ipotizzato dal Pd ( il termine per gli emendamenti al ddl penale scade dopodomani alle 12), alcuni processi rischierebbero comunque di prolungarsi assai più di quanto sarebbe avvenuto con la riforma Orlando.

Anche da Leu, e in particolare dal deputato Federico Conte, arriva un pacchetto di proposte. Che sulla prescrizione sono più caute ( prevedono la decadenza processuale solo per chi in primo grado è stato assolto) ma superano quelle del Pd sui riti alternativi. I dem annunciano di voler innalzare da un terzo alla metà lo sconto di pena per chi patteggia a indagini ancora aperte, Conte va oltre e spazza via tutte le preclusioni previste, per l’accesso a quel rito, nel testo base del ddl penale, sempre a firma Bonafede. Non solo, perché il deputato di Leu ripristina anche il giudizio abbreviato per i reati da ergastolo, eliminato da una legge voluta dalle Lega e “concessa” dai 5 stelle all’epoca dell’alleanza gialloverde.

E ancora: un parlamentare noto per essere la spina del fianco dei “giustizialisti”, Enrico Costa di Azione, ha in tasca un decalogo di emendamenti, molti dei quali a tutela della presunzione d’innocenza. Si va dal trasferimento del fascicolo se gli eccessi mediatici dei pm alterano la sensibilità del giudice, fino a pesantissime sanzioni pecuniarie per il giornalista che pubblica indebitamente atti giudiziari. Oggi quel reato esiste ma è ridicolo: con 129 euro può essere “oblato”, cioè cancellato. E infatti non c’è Procura che perda tempo a perseguirlo. Ma nel pacchetto Costa, quei 129 euro diventano 50mila, addirittura 100mila nei casi più gravi.

È una resa dei conti definitiva fra le due anime che, in materia penale, convivono nella maggioranza. Non si sottrae al gioco l’azzurro Francesco Paolo Sisto, sottosegretario alla Giustizia ma pure paladino dell’avvocatura: «Tutto ciò che è scambio documentale, come il deposito degli atti o l’accesso ai documenti, può e deve essere oggetto di semplificazione informatica», dice, ma «la digitalizzazione non può mai estendersi fino all’annullamento della componente umana. Non è pensabile che gli strumenti telematici si spingano fino a creare la figura dell’avvocato digitale, intento a discutere le cause a mezzo schermo, e a trasformare il processo in una sorta di law game». In tempo di inni alla digitalizzazione non è una didascalia di contorno. E in un quadro simile, non si può ridurre tutto al niet scontato del Movimento 5 Stelle: sul tavolo ci sono tali e tante spinte garantiste ( ne arriveranno pure dai renziani) che la rinuncia alla bandierina della prescrizione sarà solo uno dei sacrifici necessari. I rapporti di forza non devono però far pensare a una pratica destinata a risolversi in poco tempo. Servirà tutta la capacità di mediazione della guardasigilli per evitare che la riscoperta dell’imputato come figura centrale nel processo scateni un’isteria permanente fra i partiti di governo.