Agli inizi di maggio del 2019 al Consiglio superiore della magistratura pare esserci stato un gran via vai di candidati per il posto di procuratore di Roma, rimasto vacante a seguito del pensionamento, per raggiunti limiti di età, di Giuseppe Pignatone. La circostanza, inedita, è emersa ieri durante la testimonianza di Marcello Viola, procuratore generale di Firenze, davanti alla Sezione disciplinare di Palazzo dei Marescialli.

Viola è stato sentito nell’ambito del procedimento disciplinare a carico dei cinque ex togati del Csm che parteciparono la sera dell’ 8 maggio del 2019 all’incontro all’hotel Champagne di Roma con i deputati Cosimo Ferri e Luca Lotti, unitamente all’ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati Luca Palamara. Incontro che, come si ricorderà, era stato registrato tramite il trojan inserito nel cellulare di Palamara dalla Procura di Perugia che stava indagando il magistrato per corruzione. Gli ex consiglieri sono accusati dalla Procura generale della Cassazione di aver gettato con il proprio comportamento discredito sulla magistratura, cercando di condizionare le nomine dei capi di alcune Procure, ad iniziare, appunto, da quella di Roma.

E proprio a proposito della Procura Roma, Viola era uno dei concorrenti maggiormente accreditati per il posto di procuratore. Sollecitato sul punto dal togato Carmelo Celentano, già sostituto procuratore generale in Cassazione e ora componente del collegio disciplinare, Viola ha confermato, pur non ricordando la data, di essere venuto al Csm nei giorni precedenti il voto della Commissione per gli incarichi direttivi. Il 7 maggio del 2019, secondo le ricostruzioni, avrebbe parlato con i togati Paolo Criscuoli, Antonio Lepre, Corrado Cartoni e Luigi Spina. Criscuoli, Lepre e Cartoni sono appartenenti al gruppo moderato di Magistratura indipendente, la corrente di Viola, Spina invece è di Unicost, il gruppo di Palamara.

A questo incontro, avvenuto nell'ufficio di Criscuoli, avrebbe preso parte anche Piercamillo Davigo, allora componente del Csm. Giuseppe Cascini, togato di Area, sarebbe passato per un saluto. Anche altri candidati per il posto di Pignatone, in particolare Francesco Lo Voi, procuratore di Palermo ed esponente di Mi, e Giuseppe Creazzo, procuratore di Firenze ed esponente di Unicost, sarebbero stati notati in quei giorni al Csm. Nel caso di Viola, quella visita al Csm non avrebbe avuto un riscontro specifico sulla nomina a procuratore di Roma. «Nessuno mi ha detto: guarda che ti voto», ha sottolineato il procuratore generale di Firenze, precisando di non aver chiesto il voto di nessuno.

Il voto in Commissione ci sarebbe poi stato il successivo 23 maggio. La maggioranza dei voti, quattro, erano andati a Viola, un voto ciascuno a Creazzo e Lo Voi. Per Viola avevano votato Lepre, Davigo, i laici in quota Lega e M5s, Emanuele Basile e Fulvio Gigliotti. Il togato della sinistra giudiziaria Mario Suriano aveva votato per Lo Voi e quello di Unicost Gianluigi Morlini per Creazzo. Con la fuga di notizie sull’indagine di Perugia quella votazione era stata annullata. A marzo dello scorso anno la scelta era poi caduta su Michele Prestipino, oggetto adesso di un contenzioso amministrativo. Il Tar del Lazio, su ricorso presentato da Viola e Lo Voi, ha annullato la sua nomina. A breve è attesa la sentenza del Consiglio di Stato.

Ieri è stato il turno anche della testimonianza di Massimo Forciniti, ex togato del Csm durante la scorsa consiliatura. Forciniti, esponente di Unicost come Palamara, ha ricordato davanti alla Sezione disciplinare «l'invadenza» di quest'ultimo nella partita delle nomine. Se il gruppo di Unicost sosteneva per Roma Creazzo, Palamara era a favore di Viola, ha puntualizzato Forciniti. Rinviata per il momento la testimonianza dell'ingegnere Duilio Bianchi, responsabile divisione Ip della Rcs, la società che ha noleggiato il trojan alla guardia di finanza. Bianchi risulta essere indagato dalla Procura di Firenze a seguito di un esposto presentato dalla difesa di Ferri. La Rcs, in violazione di quanto previsto dalle norme e dal contratto, pare avesse predisposto un server intermedio presso la Procura di Napoli dove venivano fatti transitare i dati. Il procuratore di Napoli Giovanni Melillo aveva però dichiarato di non esserne a conoscenza.