Il 26 aprile l’Organizzazione Mondiale per la Proprietà Intellettuale celebra annualmente il “World Intellectual Property Day”. La data scelta è quella della convenzione sulla proprietà intellettuale, entrata in vigore nel 1970. Lo scopo della giornata è approfondire il ruolo che i diritti di proprietà intellettuale svolgono nel favorire l'innovazione e la creatività. Tra i diritti di proprietà intellettuale ricade anche il diritto d'autore. Ne parliamo con l'avvocato Filippo Ugliengo, esperto in proprietà intellettuale e diritto privato dello spettacolo. Che bilancio si può fare sulle tutele del diritto d'autore e quali sono le criticità ancora da superare? L’istituto del diritto d’autore coinvolge molteplici espressioni intellettuali che spaziano dall’architettura all’informatica, dal cinema alla letteratura. Non è, dunque, semplice fornire un’istantanea omogenea che descriva lo stato dell’arte in merito alla tutela delle opere dell’ingegno. Per quanto ho avuto modo di riscontrare nella mia attività professionale, mi sento di sottolineare come, nel corso dell’ultima decade, l’avvento di una serie di servizi di streaming (come Netflix, Spotify, Amazon) abbia senz’altro reso più agevole, per l’utente, la fruizione “non fraudolenta” di contenuti multimediali tutelati. Quanto sopra ha comportato, nelle rispettive aree culturali e di mercato, un significativo decremento della pirateria ed un migliore sfruttamento economico delle opere a favore degli artisti, degli autori e del settore tutto. Certo, la tutela dei diritti connessi e conseguenti ai singoli contenuti ha ancora ampio margine di crescita, soprattutto con riferimento ai diritti di natura patrimoniale, ma non può non essere evidenziato un deciso miglioramento rispetto alla situazione di inizio millennio. Altri settori, invece, hanno subito pesantemente lo sviluppo tecnologico e stanno ancora cercando il modello di business e di diritto che porti ad uno sviluppo sostenibile e democratico. Tra gli altri, mi riferisco all’editoria, in particolare al settore dell’informazione, alla fotografia, alla musica, all’informatica, ambiti questi in cui i contenuti sono spesso soggetti ad attività di copia e riproduzione senza una tutela effettiva del diritto dell’autore di essere riconosciuto quale tale (il corpus mysticum) e del diritto di ottenere la giusta remunerazione per lo sfruttamento economico della sua forma (il corpus mechanicum). Sotto tale ultimo aspetto, il deficit di tutela è amplificato dal contesto internazionale, sempre più globale, globalizzato e caratterizzato dalla velocità e dalla esponenzialità della diffusione dei contenuti rese possibili dalla rete, e dall’esistenza ancora di vaste aree geografiche in cui non è possibile garantire una tutela concreta di gran parte dei diritti. In una società virtuale in cui tutto è facilmente accessibile e scaricabile e dove tutto sembra gratuito come può sopravvivere un autore musicale? Mi permetto di fare un distinguo tra autori ed artisti/esecutori. Gli autori percepiscono una remunerazione per l’uso e lo sfruttamento di un’opera musicale, pro quota rispetto al loro apporto creativo e nei rispettivi ambiti della composizione musicale e della scrittura del testo.Gli artisti e, quindi, gli esecutori hanno la loro principale fonte di guadagno dalle esibizioni e dalle performances, durante le quali eseguono opere musicali. La carriera dell’autore è ardua e necessita di un lungo periodo di costruzione del repertorio. Non è, in effetti, semplice vivere del proprio mestiere sino a che non si è effettivamente affermati. Quando, invece, un autore è anche l’esecutore della propria musica riesce a crearsi un flusso economico differenziato che potrebbe essere sufficiente per affrontare un percorso professionale molto impegnativo ed incerto. È facile intervenire contro chi utilizza illegalmente un brano? Visto l’ambito artistico in cui ci collochiamo, se si tratta di plagio o di appropriazione di un’idea originale, è sempre stimolante ma complicato ricostruire un quadro probatorio documentale solido o comunque apprezzabile. L’applicazione di modelli razionali o matematici, sicuramente porta a perfezionamenti importanti nelle tecniche di valutazione ma spesso si rivela incompatibile con il contesto. Se, invece, si deve intervenire a fronte dello sfruttamento economico non autorizzato di una registrazione musicale, il procedimento è più standardizzato e l’efficacia dell’azione è pressoché certa. Come si può risolvere il nesso fra la gratuità dei contenuti giornalistici sul web e la professionalità dei giornalisti stessi? Mi auguro vivamente che lo sviluppo tecnologico trovi un meccanismo virtuoso per rivoluzionare il modello attuale non più sostenibile, come è successo per i servizi di streaming.La retribuzione del lavoro ed il valore del merito penso non possano essere elementi prescindibili per uno sviluppo sociale e democratico degno della nostra Costituzione.  Altresì, l’indotto pubblicitario, per quanto difficilmente sufficiente, pone delle questioni di imparzialità.Tra l’altro, molti studi hanno dimostrato come la soglia di attenzione della maggioranza degli utenti si stia abbassando drasticamente a fronte del continuo e sollecito bombardamento di informazioni, rilevando invece come il format documentaristico abbia sempre crescente attenzione.  Forse l’informazione dovrà avvicinarsi a nuovi mezzi di comunicazione per poter essere più remunerativa e professionalizzata?  Senza dubbio una partita importante si gioca sul campo dei social networks che, come abbiamo ampiamente osservato, con i propri algoritmi, possono condizionare pesantemente l’opinione pubblica ed, in certi casi ed in determinati contesti, addirittura le “sorti” di una nazione. Il Senato ha dato semaforo verde  alla legge di delegazione europea 2019-2020, propedeutica al decreto che implementerà la Direttiva Copyright nel nostro ordinamento. Come giudica questo risultato? A mio avviso, se il decreto attuativo troverà una strada funzionale e rispettosa dello spirito della direttiva e se la normativa verrà applicata efficacemente, questa potrà essere un’opportunità unica di cambiamento dello status quo.  Forse impropriamente, mi sento di paragonare la direttiva copyright al GDPR: entrambe sono attestazioni di principio notevoli e indirizzate alla tutela della parte debole ma è fondamentale che la norma non resti lettera morta per poter vedere una reale innovazione. La Siae detiene ancora il monopolio sui diritti in Italia? Se sì, qual è il suo pensiero su questo? In assoluto, penso che il regime di monopolio non sia un sistema proficuo anche se nel caso concreto penso che S.I.A.E. fornisca garanzie di carattere pubblico. Ho osservato con interesse le evoluzioni nel rapporto con Soundreef e sono fiducioso che questo percorso possa essere un laboratorio propedeutico ad una crescente liberalizzazione indirizzata al miglior servizio per gli autori ed editori. Sono iscritto alla S.I.A.E da circa 15 anni come autore e compositore ed ho constatato con mano come la Società abbia fatto passi da gigante nella digitalizzazione, e come la gestione dell’attuale presidente Mogol abbia una visione chiara.  Debbo altresì rilevare che la rinnovazione della S.I.A.E sia cominciata pressoché in concomitanza con la nascita e del consolidamento di Soundreef: forse il sospetto di futura concorrenza ha dato uno sprone a questo cambiamento?