“Nuovi lavori o nuove servitù? Diritti e tutele nelle nuove frontiere del lavoro”. Era questo il titolo di un interessante convegno organizzato ieri da Areadg, il raggruppamento progressista delle toghe, da sempre molto attento ai temi della legislazione del lavoro. Il cambiamento normativo è stato incessante e, come si poteva leggere nella presentazione del convegno, «nel tentativo di assecondare le spinte del mercato a livello globale e locale, ha innovato progressivamente i modelli e gli istituti tradizionali, segnando un forte arretramento dei diritti, delle tutele e degli interventi a tutela della sicurezza dei lavoratori». In particolare, «alla precarizzazione delle occupazioni si è aggiunto nel mondo del lavoro l’ingresso prorompente delle nuove tecnologie, utilizzate in funzione della ripartizione e del controllo delle prestazioni delle persone». Si sono formate - prosegue - vaste e variegate fasce di lavoratori vulnerabili, che la pandemia ed i suoi drammatici effetti sulle economie hanno ulteriormente esteso. «New economy, Gig economy e gli algoritmi di cui si avvalgono le imprese che organizzano su larga scala l’attività di questi soggetti sembrano affermare nuovi paradigmi, con cui la politica, il sindacato ed il mondo del diritto ed i suoi interpreti faticano a misurarsi alla ricerca di soluzioni che garantiscano la dignità del lavoro, che costituisce uno dei valori fondanti della nostra Costituzione», puntualizzano le toghe progressiste. La Corte costituzionale, poi, ha ripetutamente censurato la «legislazione più recente, richiamando l’interprete ad un’opera di lettura delle norme coerente coi principi generali che tutelano i diritti fondamentali del settore lavoristico». Fra gli argomenti più dibattuti del convegno, introdotto dalla presidente nazionale di Areadg, la giudice del Tribunale di Cagliari Maria Cristina Ornano, quello dei riders, i "ciclofattorini'.

Attualmente l’economia delle piattaforme digitali coinvolge oltre un milione di addetti che operano soprattutto nei servizi e nei lavori domestici. La pandemia ha fatto crescere di molto questa modalità di lavoro. I riders, in particolare, sono raddoppiati: il loro numero ha raggiunto ora le 30mila unità. Si tratta di una categoria molto eterogenea, dai ragazzi impegnati nel fine settimana a chi ha perso il lavoro e deve provvedere al sostentamento del nucleo familiare, spesso senza una professionalità qualificata. Per evitare il rischio di una deregulation indiscriminata è necessario procedere verso una contrattualistica che garantisca salari adeguati, diritti esigibili, welfare. Gli accordi sindacali sono, allora, di fondamentale importanza per non favorire la precarietà e retribuzioni al ribasso. Diverse pronunce dei Tribunali hanno fatto luce sulle false collaborazioni, stabilendo che quando la prestazione è svolta in maniera continuativa è assimilabile al lavoro subordinato. Il contratto nazionale da applicare è quello del settore della logistica, un contratto che offre protezione e tutele in tema di ferie, malattia, maternità. I relatori hanno sottolineato la necessità di superare la logica del cottimo.

E, come è stato da più parti ricordato, quella del “caporalato digitale”. A tal proposito urge aumentare l’attività ispettiva e di controllo. Serve, poi, trasparenza degli algoritmi decisionali delle piattaforme.

Sono le app a regolare l’organizzazione del lavoro. Le app sostituiscono il datore di lavoro tradizionale nella decisione dei luoghi, tempi e modalità di esecuzione della prestazione. Un accenno anche alla “Procura del lavoro”, l’ufficio inquirente specializzato che, se creato, potrebbe agevolare le attività di contrasto ai fenomeni sopra richiamati. Al convegno ha preso parte il primo presidente della Cassazione Pietro Curzio ed il presidente dell’Associazione nazionale magistrati Giuseppe Santalucia. Fra gli ospiti, la vicepresidente del Senato Anna Rossomando ( Pd) e Tania Scacchetti, segretaria confederale della Cgil. Al segretario di Area Eugenio Albamonte il compito di chiudere i lavori