La norma tanto richiesta dai medici in questi mesi di emergenza Covid, che introduce tutele per i vaccinatori, non basta ancora. Almeno ascoltando le diverse voci in campo sia dal punto di vista medico-sanitario che da quello tecnico-giuridico, dopo il recente decreto Aprile con il quale il governo Draghi ha deciso di proteggere dalla punibilità per omicidio colposo e lesioni colpose chi somministra il vaccino. «Interpreto la norma come un primo passo di un percorso - spiega Cristiano Cupelli, docente di Diritto penale a Tor Vergata - ma credo che in sede di conversione in legge del decreto si potrebbe inserire una norma che riconosca la non punibilità per gli operatori sanitari nell’ambito dei fatto connessi sul piano temporale e causale all’emergenza Covid in maniera più ampia». Prima della pandemia i medici erano tutelati dall’articolo 590 sexies del Codice penale, che garantisce la non punibilità laddove il medico abbia rispettato le linee guida certificate dall’Istituto superiore di sanità ma sia incorso in un’imperizia lieve nella fase esecutiva. «Un’ipotesi davvero marginale e residuale» secondo Cupelli, il quale spiega che dal punto di vista giuridico è necessario tener conto di alcuni elementi fondamentali per valutare con equilibrio l’operato dei medici dall’inizio della pandemia a oggi. In primo luogo, soprattutto nella prima fase non c’erano risorse adeguate sul piano delle terapie conosciute per affrontare una malattia sostanzialmente nuova; poi mancava un piano strutturale, con molti medici sono stati destinati a compiti per i quali non erano specializzati, tanto da trovare oculisti in terapia intensiva nella fase di maggiore emergenza. Quella in cui gli ospedali si erano trasformati in trincee, tutti facevano tutto e nonostante lo sforzo di medici e infermieri per garantire cure adeguate ai malati, molti continuavano a morire di Covid, in solitudine. «Di tutto questo nel decreto non c’è traccia e invece i giudici dovrebbero poterne tener conto - ammonisce il docente - Tuttavia la norma che tutela i vaccinatori rappresenta un aggancio importante per migliorarne l’assetto generale in sede parlamentare». Come tutti i decreti legge, il testo deve essere approvato dalle Camere entro sessanta giorni dalla sua entrata in vigore e alcuni input per migliorarlo sono stati già forniti da esponenti della maggioranza. Perché allora una tutela più ampia non è stata inserita da subito? La risposta, continua Cupelli, «può essere legata a valutazioni di carattere politico che hanno imposto un’ulteriore riflessione su un tema così delicato», ma l’impressione è che il tempo stringa e che il rischio è quello di ritrovarsi nel mezzo di una “pandemia giudiziaria”. Di certo, i medici non sono più disposti ad aspettare oltre, come fa notare Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri (Fnomceo). «Stiamo affrontando una pandemia che chiede ai medici uno sforzo notevole ma in questa seconda fase, così come nella prima, l’impegno degli operatori sanitari non si è fatto attendere - spiega al telefono da Bari - Anche in Puglia la situazione è abbastanza drammatica e vi sono medici oculisti, ortopedici e otorini chiamati a lavorare nei reparti covid. E non ce n’è uno che si rifiuti di farlo, perché abbiamo sempre onorato il nostro dovere deontologico, sia negli ospedali che nel territorio». Quel territorio dove i medici di base, oltre a prendersi cura dei malati in isolamento domiciliare, devono anche vaccinare i propri assistiti. «I medici hanno pagato un prezzo altissimo, è stata una vera strage - commenta Anelli - Questa norma è un primo passo, importante, ma bisogna inserire anche la non punibilità per le cure e l’assistenza. Lo chiediamo perché viviamo una situazione straordinaria in cui nessuno di noi ha fatto mancare agli italiani proprio l’assistenza e le cure». Le richieste si riferiscono al solo periodo di emergenza Covid, così da non incorrere in uno scudo penale a tutto campo ma che sia comunque in grado di garantire «tranquillità e serenità» agli operatori sanitari. «Mi pare che ci sia una buona sensibilità dal punto di vista politico e questo ci fa essere ottimisti - conclude Anelli - Comprendiamo che i problemi di carattere tecnico nell’elaborazione di un decreto d’urgenza possono aver indotto a far riferimento solo al contingente, cioè a tutelare i vaccinatori, ma le parole del ministro Speranza ci danno fiducia».