«Ho perso ogni senso di fiducia nei confronti di due consigliere che hanno trovato sponda per il mio avvicendamento presso il Comitato di presidenza».

Alessio Lanzi, componente laico del Consiglio superiore della magistratura in quota Forza Italia, si toglie qualche sassolino dalle scarpe e smonta le polemiche che in questi giorni lo hanno travolto. Il professore milanese di diritto penale, nel 2018 fra i candidati a diventare vice presidente del Csm, incarico che poi andrà al dem David Ermini, era stato “accusato” di aver tenuto un comportamento poco trasparente: il giorno prima dell’audizione di Luca Palamara davanti alla Prima Commissione del Csm di cui faceva parte, Lanzi si era recato nello studio romano del collega Roberto Rampioni, difensore dell’ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati nel procedimento aperto a suo carico dalla Procura di Perugia per corruzione.

La visita di Lanzi non sarebbe passata inosservata. Secondo ricostruzioni giornalistiche, la moglie del procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi, che vive con il marito nello stesso stabile dove ha lo studio Rampioni, dopo aver notato la presenza di Lanzi, avrebbe subito notiziato il consorte.

Salvi, sempre ricostruzioni giornalistiche, a sua volta avrebbe informato dell’accaduto il Comitato di presidenza del Csm, di cui fa parte insieme ad Ermini e al primo presidente della Corte di Cassazione Pietro Curzio.

«L’incontro con Rampioni ha riguardato temi accademici ed editoriali», puntualizza Lanzi, smentendo quindi ogni possibile collegamento con l’audizione di Palamara a Palazzo dei Marescialli. Su tale aspetto, in particolare, Lanzi precisa che Palamara è stato “audito” dalla Prima Commissione del Csm e non “interrogato”. La differenza è importante perché il testimone non necessita dell’assistenza di un difensore. E quindi della presenza di Rampioni.

I problemi per il laico forzista sono, dunque, solo con Elisabetta Chinaglia, presidente della Prima Commissione ed esponente delle toghe progressiste di Area, e con Ilaria Pepe, davighiana di Autonomia& indipendenza, che avrebbero immediatamente insistito per allontanarlo dalla Commissione. «Non si comprende chi sarebbero gli altri consiglieri che avrebbero chiesto il mio allontanamento», puntualizza il professore milanese.

Gli altri componenti della Commissione, appresa la notizia, poi amplificata da Repubblica e Corriere, non hanno avuto nulla da obiettare, ritenendola ' irrilevante' dice ancora Lanzi riferendosi al pm antimafia Nino Di Matteo, al laico della Lega Emanuele Basile e alla togata di Magistratura indipendente, la corrente moderata, Paola Maria Braggion. Lanzi ricorda anche che la proposta di ampliare l’audizione di Palamara non venne approvata.

«Ho fatto io domanda - ripete - per essere spostato dalla Prima Commissione poiché avevo perso ogni senso di fiducia nelle due consigliere che hanno trovato sponda da parte del Comitato di presidenza. La vicenda mi ha insegnato a conoscere compiutamente e fino in fondo le persone con cui lavoro», aggiunge Lanzi, ricordando «la necessità di un profondo impegno a tutela degli irrinunciabili principi in cui credo per assicurare alla comunità civile una giustizia nel rispetto dei principi costituzionali».

Lanzi andrà ora alla Quinta commissione, competente per le nomine, ed il suo posto sarà preso dall’avvocato napoletano Michele Cerabona, anch’egli laico in quota Forza Italia. «Resta l’amarezza - aggiunge infine - di non aver potuto completare le pratiche rilevanti in via di definizione».

E ieri è arrivato anche il commento del professore Roberto Rampioni, secondo cui si vuole “silenziare” Palamara. Nell’ora e mezza di audizione a piazza indipendenza lo scorso lunedì, l’ex numero uno dell’Anm aveva affrontato il tema delle nomine degli aggiunti a Roma e Milano, concentrandosi anche sull’esposto del collega Stefano Rocco Fava nei confronti di Giuseppe Pignatone e Paolo Ielo.

Argomenti incandescenti che chissà se verranno mai più affrontati dal Csm.