Prima l’invito ai dirigenti degli uffici giudiziari ad «rallentare immediatamente tutte le attività» senza escludere, nei casi più estremi, «anche la sospensione». Poi il passo indietro di Giuseppe Santalucia, presidente dell’Associazione nazionale magistrati, per chiarire che le toghe non hanno minacciato alcuna sospensione, bensì posto il problema della sicurezza nei luoghi della giustizia. In mezzo ci sta il chiarimento al vetriolo di via Arenula, che con poche parole ha ribadito il proprio niet ai magistrati: il piano vaccinale non sarà rivisto. E, dunque, il comparto giustizia, comprensivo di tutti i suoi attori, non rientrerà in alcuna categoria prioritaria. Storia chiusa, se non fosse che per tutta la giornata di ieri la questione ha tenuto banco, sollevando un vespaio di polemiche, interne anche al mondo stesso della magistratura. Perché se, da un lato, il sindacato delle toghe, parlando a nome dell’intera categoria, ha lamentato una mancata proroga (poi smentita dalla ministra Marta Cartabia) della normativa emergenziale, denunciando i rischi per il comparto giustizia, a causa di udienze che procedono a ritmi frenetici e luoghi poco sicuri, dall’altro Magistratura Democratica, corrente di sinistra delle toghe, ha bollato come «errore» lo scatto in avanti di Anm. Le richieste dei magistrati e la replica di via Arenula «Attualmente negli uffici giudiziari di tutta Italia si continua a lavorare con le stesse modalità e con gli stessi ritmi del periodo antecedente la pandemia, con l’unico precario e insoddisfacente meccanismo di cautela costituito dalla disciplina emergenziale, che peraltro, seppure limitata ad alcune attività processuali e sostanzialmente insufficiente soprattutto per il settore penale, non risulta neppure prorogata benché ne sia prossima la scadenza», si leggeva nella prima nota di Anm. Che lamentava, appunto, il depennamento dei lavoratori del comparto giustizia dal nuovo piano strategico. Per il sindacato delle toghe questa scelta avrebbe un unico significato: «Il Governo considera il servizio giustizia con carattere di minore priorità rispetto ad altri servizi essenziali già sottoposti a vaccinazione». Scarsa tutela, dunque, a fronte della richiesta europea di velocizzare i processi. Le conseguenze, per Anm, sono presto dette: «Il sensibile rallentamento di tutte le attività giudiziarie che devono essere necessariamente svolte in presenza, donde l’inevitabile allungamento dei tempi di definizione dei processi». Da qui l’invito ai capi degli uffici, in assenza di interventi normativi, «ad adottare, a tutela della salute, energiche misure organizzative al fine di rallentare immediatamente tutte le attività dei rispettivi uffici, senza escludere, nei casi più estremi, anche la sospensione dell’attività giudiziaria non urgente». Ma la replica di via Arenula non si è fatta attendere. L’Anm, infatti, aveva discusso del tema con la ministra Cartabia lo scorso 18 marzo, incontro dal quale i magistrati erano usciti con la consapevolezza non solo della proroga dello stato d’emergenza per l’attività giudiziaria, prevista per oggi, fino al 31 luglio, ma anche la scelta di proseguire con le vaccinazioni per classi di età. Già allora l’Anm aveva chiesto di ripercorrere le orme del ministro Alfonso Bonafede, che aveva chiesto l’inserimento del comparto giustizia nel piano vaccinale. Ma Cartabia ha ribadito la linea del governo, «in nome del principio di uguaglianza e per evitare la competizione tra le categorie». Posizioni che, ha fatto sapere via Arenula, «i magistrati sembravano aver compreso». Da qui la replica di Santalucia, che negando qualsiasi tipo di «minaccia» («non ne abbiamo il potere») di sospensione ha ribadito la possibilità, in caso di udienze affollate, di «rallentare» l’attività. Cosa che, di fatto, già avviene: sono diversi gli uffici in Italia che hanno già rimandato ad altra data i processi meno urgenti, organizzando le udienze in modo da evitare il più possibile gli assembramenti. Ma ciò, a causa di tribunali a volte fatiscenti, non sempre è possibile. «I magistrati sono l’unica categoria che in caso di malattia non può essere sostituita. Tutti gli altri, i cancellieri, i carabinieri, i poliziotti, gli avvocati, possono essere sostituiti ma i magistrati no. Se l’attività di un magistrato, in funzione requirente ma ancor più in funzione giudicante, salta questo ha un effetto a catena su tutto il sistema giudiziario che si blocca», ha ribadito a LaPresse Luca Poniz, ex presidente dell'Anm. Un «grido d’allarme» raccolto dal sottosegretario alla Giustizia Francesco Paolo Sisto, che si è detto preoccupato per i casi in continua crescita nelle aule dei Tribunali (è di pochi giorni fa la notizia della morte del procuratore aggiunto di Napoli Luigi Frunzio). «Credo sia opportuno provare ad aiutare i capi degli uffici con indicazioni tali da consentire che il diritto alla salute venga tutelato al meglio anche nei luoghi della giustizia», ha dunque affermato. Ma contro le toghe si sono schierati diversi politici: da Matteo Salvini a Maurizio Gasparri, passando per Davide Faraone, il dissenso è stato trasversale, rispolverando la vecchia etichetta dei «furbetti del vaccino». I distinguo di Md Ma non tutte le anime della magistratura sono d’accordo. Tant’è che Md, pur chiedendo interventi per garantire a magistrati, avvocati, personale amministrativo e cittadini condizioni di sicurezza, ha invocato «tutele prioritarie per le persone più fragili, per età e condizioni personali, e per le categorie più esposte, come i sanitari». E criticando, così, la prospettazione di una possibile sospensione dell’attività giudiziaria. «Abbiamo commesso un errore - si legge in una nota a firma della segretaria generale Mariarosaria Guglielmi -. Abbiamo trasmesso, come magistratura, un messaggio sbagliato, e dobbiamo prenderne atto: non quello della richiesta di interventi urgenti a tutela di tutti coloro che lavorano ed entrano nei palazzi di giustizia, ma voler porre “condizioni” rispetto allo svolgimento del servizio e considerarci come “categoria” che rivendica una tutela prioritaria». La reazione dell’avvocatura Non si è fatta attendere la replica del Consiglio nazionale forense, che sin dal principio, assieme all’Anm, ha sottoposto al ministero i rischi interni ai tribunali per i lavoratori del comparto giustizia. E chiedendo norme certe, ma non a patto di frenare ulteriormente la macchina giudiziaria. Il Cnf ha espresso «preoccupazione e stupore» per «l’invito» dell’Anm a rallentare l’attività giudiziaria. «Rispetto alle considerazioni sulla funzione essenziale della giustizia non possiamo che aderire, ma se l’Anm, così come scrive nel suo documento, considera la giustizia un servizio essenziale non è allora verosimile una richiesta di un ulteriore rallentamento o addirittura una rinnovata sospensione dei processi che arrecherebbe danni come sempre in primo luogo ai cittadini, privati così del loro diritto di tutela, e rischia di apparire come una mera rivendicazione di privilegio - afferma l’organo politico dell’avvocatura -. Senza dimenticare che l'attività dei tribunali è già rallentata da oltre un anno per la pandemia ed è certo che lo stato di emergenza sullo svolgimento in sicurezza delle udienze sarà prorogato al 31 luglio 2021». Sia, dunque, il ministero a stabilire come risolvere le difficoltà del settore. A patto, però, che non accada come nelle scorse settimane, durante le quali la campagna vaccinale è andata avanti con «disparità territoriali», ma facendo sì «che la priorità sia da riconoscere alle situazioni di oggettiva fragilità». Stessa linea quella dell’Organismo congressuale forense, che ha invocato dialogo e non ultimatum. «Il tema della vaccinazione degli operatori della Giustizia è un tema che ci unisce - ha spiegato il coordinatore Giovanni Malinconico - ma un conto è porre il tema, un altro è proporsi in termini così perentori e minacciare di rallentare le udienze, aggiungendo ulteriori ritardi a una Giustizia che invece avrebbe bisogno non di correre ma di volare, per recuperare tutto il tempo perso». Tra i primi a reagire anche i giovani avvocati, che hanno subito espresso «sconcerto» per la posizione dell’Anm. «L’Anm dovrebbe prodigarsi per cercare di garantire lo svolgimento di tutte le attività giudiziarie in sicurezza - si legge in una nota di Antoni De Angelis, presidente dell’Aiga - a partire dalla fissazione delle udienze per fasce orarie, anche pomeridiane. Oggi chi rischia di più il contagio nei Tribunali sono proprio gli avvocati, costretti a lunghe attese per lo svolgimento delle udienze».Magistrati già vaccinati in molte regioni. E non manca nemmeno la replica di Gian Domenico Caiazza, presidente dell’Unione delle Camere penali. Che prendendo spunto dalle recenti dichiarazioni del procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri, ha posto la questione sotto un altro punto di vista. «La determinazione dei criteri di priorità nelle vaccinazioni deve essere unica a livello nazionale», ha dichiarato, considerando ovvio che, dopo le categorie più fragili, la giustizia rientri tra quelle prioritarie. «Ovviamente, e sono lieto che Anm lo sottolinei con chiarezza, senza distinzioni al proprio interno, come purtroppo avviene in alcune regioni dove si vaccinano magistrati e personale di cancelleria, ma non gli avvocati. Per esempio: il Procuratore di Catanzaro dott Gratteri ha dichiarato che nel suo ufficio “sono tutti vaccinati”. Possiamo conoscerne le ragioni?». Ma non accade solo in Calabria. Sono diverse le regioni dove la vaccinazione dei magistrati (e in alcuni casi degli avvocati) era già stata avviata. Una situazione a macchia di leopardo fortemente denunciata da Antonino Galletti, presidente dell’Ordine degli avvocati di Roma. Che oggi dice no allo «sciopero bianco» proposto da Anm. «Gli avvocati italiani hanno continuato a lavorare a tutela dei diritti e delle libertà dei propri assistiti durante la prima, la seconda e la terza ondata e continueranno a farlo - ha sottolineato -. E invitano le forze politiche e le parti sociali a discutere senza pregiudizi sulle reciproche posizioni, ma pure senza dettare pericolosi aut aut che non fanno il bene di nessuno».RispondiInoltra