Di nuovo il Paese si ferma. Di nuovo quasi ovunque le scuole chiudono, i negozi abbassano le saracinesche. Così come i bar e i ristoranti. Le città si spengono. Un nuovo governo è chiamato alla prova di provvedimenti che sostengano l’economia, le persone, le lavoratrici e i lavoratori, le famiglie e tengano insieme emergenza e prospettiva.
Già nell’anno che abbiamo alle spalle lo smart working ha consentito la continuità produttiva e il distanziamento sociale necessario per battere la pandemia. E ha cambiato la vita delle persone, delle imprese e delle città. Sarà un cambiamento certamente non transitorio.
Il carattere del cambiamento però non è già scritto e non è neutro. Dipenderà dalla lungimiranza delle scelte con cui se ne affronteranno i limiti e se ne valorizzeranno i vantaggi.
Certo ciò che abbiamo visto in questi mesi assomiglia più al telelavoro, ma è stato sufficiente per valutarne l’impatto, per apprezzarne i vantaggi e leggere i limiti. Che dal punto di vista delle lavoratrici, dei lavoratori e dell’impresa andranno affrontati con la contrattazione collettiva aziendale e territoriale e con una legge leggera di sostegno. Senza smarrire nell’emergenza tre punti fermi decisivi perché il cambiamento sia positivo: lo smart working non fa rima con home working. Non è uno strumento di conciliazione dedicato alle donne. E soprattutto è una modalità flessibile di lavoro. Lo smart working cioè è lavoro e a chi lo svolge vanno riconosciuti gli stessi diritti e richiesti gli stessi doveri previsti per chi non lavora da remoto. Come peraltro dice la legge 81/ 2017.
Per questo è un errore d’impostazione negare il bonus baby sitter a chi è smart. Come fa il Decreto sostegni appena varato. Come se il lavoro da remoto fosse in sé uno strumento di conciliazione e che per questo a chi lo svolge non siano riconosciuti gli stessi supporti al lavoro di cura destinati a chi non lavora da remoto. Un errore per l’oggi: nega la realtà di donne ( o uomini) che si trovano, in queste ore e in questi giorni, strette tra la tenaglia dello smart working, della chiusura delle scuole e della Dad, della cura in generale. In case spesso prive degli spazi e della connessione necessaria.
E un errore d’impostazione carico di conseguenze per il futuro. Perché fuori dal lockdown la coincidenza dello smart working con l’home working non è per nulla obbligatoria.
Sono sempre più diffusi i coworking, spazi condivisi di lavoro, attrezzati con servizi, dotazioni informatiche e standard di sicurezza accertati e accertabili. Che rispondono alla esigenza di socialità delle persone e alla necessità di qualità di servizi di connessione di cui le singole abitazioni sono prive.
In secondo luogo. Durante il lockdown totale con lo smart working è aumentato per le donne non solo il carico di lavoro ma anche la fatica e lo stress per la somma in contemporanea di più lavori: da quello al computer al ragù, alla Dad, all’aspirapolvere, alla cura dei figli. Non sarebbe stato obbligatorio che toccasse solo alle donne caricarsi del lavoro di cura, che in tempi normali è già sulle loro spalle per più del 70%.
Non è lo smart working che l’ha determinato ma gli stereotipi nella divisione dei ruoli: alle donne la cura, il lavoro riproduttivo cioè, e agli uomini il lavoro produttivo fuori casa. Non è cambiata la sostanza anche quando sono cambiate le condizioni.
Si può cambiare. Gli stereotipi possono essere aggrediti da politiche pubbliche adeguate: per sostenere in modo deciso la condivisione delle responsabilità della cura con tre mesi di congedo di paternità obbligatorio. Oltre che a scuola, educando al rispetto.
Nel family act lo smart working è definita come misura per aiutare l’occupazione femminile e anche questo però va cambiato chiarendo che si tratta di una modalità di lavoro che riguarda donne e uomini.
Per questo chi lavora in smart working deve avere a disposizione tutte le misure e le risorse di sostegno previste per la genitorialità e la cura: dai voucher baby sitter ai congedi.
E anche per questo il decreto sostegni va rapidamente cambiato.
Ai lavoratori in smart working vanno riconosciuti gli stessi diritti
Di nuovo il Paese si ferma. Di nuovo quasi ovunque le scuole chiudono, i negozi abbassano le saracinesche. Così come i bar e i ristoranti. Le città si spengono. Un nuovo governo è chiamato alla prova di provvedimenti che sostengano l’economia, le persone, le lavoratrici e i lavoratori, le famiglie e tengano insieme emergenza e prospettiva.
Già nell’anno che abbiamo alle spalle lo smart working ha consentito la continuità produttiva e il distanziamento sociale necessario per battere la pandemia. E ha cambiato la vita delle persone, delle imprese e delle città. Sarà un cambiamento certamente non transitorio.
Il carattere del cambiamento però non è già scritto e non è neutro. Dipenderà dalla lungimiranza delle scelte con cui se ne affronteranno i limiti e se ne valorizzeranno i vantaggi.
Certo ciò che abbiamo visto in questi mesi assomiglia più al telelavoro, ma è stato sufficiente per valutarne l’impatto, per apprezzarne i vantaggi e leggere i limiti. Che dal punto di vista delle lavoratrici, dei lavoratori e dell’impresa andranno affrontati con la contrattazione collettiva aziendale e territoriale e con una legge leggera di sostegno. Senza smarrire nell’emergenza tre punti fermi decisivi perché il cambiamento sia positivo: lo smart working non fa rima con home working. Non è uno strumento di conciliazione dedicato alle donne. E soprattutto è una modalità flessibile di lavoro. Lo smart working cioè è lavoro e a chi lo svolge vanno riconosciuti gli stessi diritti e richiesti gli stessi doveri previsti per chi non lavora da remoto. Come peraltro dice la legge 81/ 2017.
Per questo è un errore d’impostazione negare il bonus baby sitter a chi è smart. Come fa il Decreto sostegni appena varato. Come se il lavoro da remoto fosse in sé uno strumento di conciliazione e che per questo a chi lo svolge non siano riconosciuti gli stessi supporti al lavoro di cura destinati a chi non lavora da remoto. Un errore per l’oggi: nega la realtà di donne ( o uomini) che si trovano, in queste ore e in questi giorni, strette tra la tenaglia dello smart working, della chiusura delle scuole e della Dad, della cura in generale. In case spesso prive degli spazi e della connessione necessaria.
E un errore d’impostazione carico di conseguenze per il futuro. Perché fuori dal lockdown la coincidenza dello smart working con l’home working non è per nulla obbligatoria.
Sono sempre più diffusi i coworking, spazi condivisi di lavoro, attrezzati con servizi, dotazioni informatiche e standard di sicurezza accertati e accertabili. Che rispondono alla esigenza di socialità delle persone e alla necessità di qualità di servizi di connessione di cui le singole abitazioni sono prive.
In secondo luogo. Durante il lockdown totale con lo smart working è aumentato per le donne non solo il carico di lavoro ma anche la fatica e lo stress per la somma in contemporanea di più lavori: da quello al computer al ragù, alla Dad, all’aspirapolvere, alla cura dei figli. Non sarebbe stato obbligatorio che toccasse solo alle donne caricarsi del lavoro di cura, che in tempi normali è già sulle loro spalle per più del 70%.
Non è lo smart working che l’ha determinato ma gli stereotipi nella divisione dei ruoli: alle donne la cura, il lavoro riproduttivo cioè, e agli uomini il lavoro produttivo fuori casa. Non è cambiata la sostanza anche quando sono cambiate le condizioni.
Si può cambiare. Gli stereotipi possono essere aggrediti da politiche pubbliche adeguate: per sostenere in modo deciso la condivisione delle responsabilità della cura con tre mesi di congedo di paternità obbligatorio. Oltre che a scuola, educando al rispetto.
Nel family act lo smart working è definita come misura per aiutare l’occupazione femminile e anche questo però va cambiato chiarendo che si tratta di una modalità di lavoro che riguarda donne e uomini.
Per questo chi lavora in smart working deve avere a disposizione tutte le misure e le risorse di sostegno previste per la genitorialità e la cura: dai voucher baby sitter ai congedi.
E anche per questo il decreto sostegni va rapidamente cambiato.
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