Sembra di fare un tuffo nel passato. A quando, per intenderci, le ong venivano viste come il male assoluto. L’ultimo capitolo della guerra alla solidarietà è quello scritto dalla procura di Ragusa, che ha deciso di indagare su quanto accadde nel Mediterraneo l’ 11 settembre scorso. Ma non per chiarire come sia stato possibile tenere la vita di 27 persone sospesa per più di un mese, dopo il terrore di un viaggio verso la salvezza. Ma per criminalizzare chi quelle persone le ha portate in salvo, a dispetto di leggi ciniche e contraddittorie. La procura ha iscritto sul registro degli indagati l’ex assessore di Venezia Beppe Caccia, l’attivista Luca Casarini, l'armatore Alessandro Metz e il comandante Pietro Marrone, destinatari di un decreto di perquisizione e sequestro, con l’accusa, a vario titolo, di trasferimento dei migranti dalla nave Etienne Maersk alla ong Mare Jonio, sulla base di un «accordo commerciale» tra le società armatrici. La vicenda riguarda il soccorso di quei naufraghi rimasti bloccati per 38 giorni in mezzo al mare tra Malta e Lampedusa, a bordo della portacontainer che li aveva tratti in salvo. Un abbandono ribattezzato la “vergogna d’Europa”. Gli atti d’accusa sono poco chiari. In attesa di avere pieno accesso agli atti, spiega Serena Romano, difensore di Mediterranea Saving Humans, ciò su cui ci si può basare sono dei brogliacci, utilizzati dai pm per contestare un passaggio di denaro che, in teoria, costituirebbe l’aggravante del reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, ma che in realtà rappresenta il centro dell’accusa.

«L’accusa di favoreggiamento spiega Romano al Dubbio - viene affrontata solo nelle pagine finali, dando per scontato il reato, ma non si comprende sulla base di quali elementi, dal momento che l’ingresso dei migranti in Italia è avvenuto sulla base dell’assegnazione del pos ( Place of safety, ndr) da parte delle autorità. Mi chiedo, data questa premessa, come sia configurabile il reato, dal momento che nel decreto di perquisizione e sequestro non viene indicato». Il decreto, infatti, si focalizza interamente sul presunto accordo economico, del quale comunque, spiega ancora Romano, «non c’è prova». La procura di Ragusa, guidata da Fabio D’Anna, si affida infatti ai tabulati telefonici e non alle intercettazioni, che sono successive al salvataggio dei migranti. La procura individua un numero di telefono danese, contattato da Caccia tra l’ 8 e l’ 11 settembre, senza individuarne, però, l’intestatario. L’assunto della procura è che quel numero sia riconducibile alla Etienne Maersk, per una pura questione di bandiera. Ma quel numero, in realtà, è riconducibile alla Danish Shipping, organizzazione che raggruppa oltre 90 armatori e società offshore. Il quadro descritto dalla procura è dunque incerto: il teorema è basato su un presunto profitto legato al salvataggio dei migranti, «che sappiamo essere aggravante del favoreggiamento - spiega ancora Romano -, ma non punto costitutivo. Ma chi ci dice che c’è stato favoreggiamento? Questo dato, nel decreto, non emerge». Così come non vengono affrontate, in nessun passaggio, le condizioni dei migranti salvati dall’ong Mare Jonio. «Si tratta di elementi assolutamente non secondari per contestare il reato - spiega ancora Romano -. Si trattava di persone in condizioni di vulnerabilità estrema, provenienti da Eritrea, Sudan, Ciad, quindi tutti potenziali richiedenti asilo, che avevano attraversato la Libia, dove è noto che i migranti vengono seviziati e torturati in veri e propri campi di concentramento. I segni di violenza sui loro corpi erano evidenti e non si può pensare che abbiano trascorso in condizioni di sicurezza più di un mese sul ponte di una petroliera, senza assistenza medica e dopo un viaggio così traumatico. Ci sono stati ben tre tentativi di suicidio: non si trattava di certo di una crociera».

La difesa della ong presenterà, nei prossimi giorni, istanza di Riesame. «Speriamo di avere un quadro più chiaro attraverso una visione completa del fascicolo - ha aggiunto Romano - per poter evidenziare quelli che, già adesso, appaiono come macroscopici errori». La procura, dal canto suo, contesta l’esistenza di un bonifico di 125mila euro da parte della Etienne Maersk a favore della Mediterranea, «una donazione», si legge in una nota a firma di Kis Soegaard, portavoce della compagnia danese di navigazione. «Mesi dopo l’operazione di salvataggio ( a novembre, ndr), Maersk Tankers ha incontrato i rappresentanti di Mediterranea per ringraziarli della loro assistenza umanitaria. In seguito a questo incontro, abbiamo deciso di dare un contributo di 125 mila euro a Mediterranea per coprire alcuni dei costi sostenuti in seguito all’operazione». La compagnia, ad oggi, non è stata contattata dalla procura di Ragusa, un altro punto oscuro dell’intera vicenda, secondo l’avvocato Romano. «Il 5 agosto 2020 l’equipaggio della Maersk Etienne - ha spiegato la compagnia danese - ha salvato 27 persone in difficoltà in mare su richiesta delle autorità maltesi. Una volta tratti in salvo, migranti ed equipaggio sono stati lasciati in situazione di stand- off per un periodo senza precedenti: 38 giorni, senza che nessuna autorità fosse disposta a permettere alla nave di fare scalo né autorizzasse lo sbarco sicuro delle persone salvate. Dopo diverse richieste di assistenza rimaste senza risposta, la situazione è diventata terribile dal punto di vista umanitario». Mediterranea, dopo una valutazione sanitaria effettuata dal proprio team medico, ha quindi trasferito le persone a bordo della propria nave. «Era una situazione umanitaria - continua la nota di Soegaard - e vogliamo chiarire che in nessun momento prima o durante l'operazione è stato discusso o concordato un compenso o un sostegno finanziario». Il contributo di 125 mila euro, da parte della società danese, è stato versato alla ong «mesi dopo». Ma quella della Mare Jonio non è l’unica vicenda giudiziaria che riguarda l’accoglienza. L’avvocato Romano non vuole sbilanciarsi. «Ma non posso fare a meno di osservare una serie di notizie simili, in questi giorni, relative a procedimenti aperti, a vario titolo, in diverse città d'italia sull’accoglienza», commenta. Mercoledì, Medici senza frontiere ha ricevuto un avviso di conclusione delle indagini per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina insieme ad altre navi umanitarie, e dal gup di Catania la decisione di rinvio a giudizio per traffico illecito di rifiuti. «Si apre un altro lungo periodo di fango e di sospetti sull’operato delle organizzazioni in mare, insieme all’ennesimo inaccettabile attacco al diritto al soccorso», ha commentato Msf. «Le decisioni della magistratura, arrivate a poche ore di distanza, allungano l’elenco dei numerosi tentativi di criminalizzare il soccorso in mare, che a oggi non hanno confermato alcuna accusa, ma che insieme alle ciniche politiche dell’Italia e dell’Europa hanno pericolosamente indebolito la capacità di soccorso nel Mediterraneo centrale, al drammatico costo di migliaia di vite umane».