Non dev’essere un periodo facile per il segretario del Partito democratico, Nicola Zingaretti, alle prese con le spinte interne sulla richiesta di un congresso, accolte poi dallo stesso vertice con la convocazione dell’assemblea nazionale per metà marzo, e alcuni scivoloni comunicativi che l’hanno messo al centro del dibattito pubblico. In ordine di tempo, una prima, piccola, gaffe è andata in onda a Radio Immagina, durante un’intervista allo stesso segretario. «Saremo i garanti e i più gelosi custodi dell’attuazione del programma del governo Draghi - ha detto Zingaretti - e accanto a questo noi ora dobbiamo promuovere, concentrandoci sul rilancio del Pci, il nostro punto di vista critico». Un lapsus che ha fatto tornare in mente la fine degli anni ’80, quelli della militanza giovanile nelle file della galassia romana della Federazione giovanile comunista italiana, della quale segretario, e della metà degli anni ’90, quando fu prima segretario della Sinistra giovanile e poi vicepresidente dell’Internazionale socialista. Spostatosi via via su posizioni più moderate, fino a diventare presidente della Regione Lazio e segretario del Partito democratico, la gaffe è stata anche l’occasione per pensare alle differenze tra quello che fu il Partito comunista italiano di Togliatti e Berlinguer e quella che è ora la sinistra in Italia, divisa in mille rivoli. Che poi la gaffe di Zingaretti arrivi nel centenario della scissione di Livorno e la nascita del Pci, fa ancora più riflettere. «Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la vostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il vostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la vostra forza». Lo scriveva Antonio Gramsci nel primo numero de L’Ordine Nuovo nel maggio del 1919. Dopo più di un secolo ecco che il segretario dem ha dimostrato sì entusiasmo, ma con un tweet che ha lasciato perplessi gran parte degli osservatori. E qui veniamo al secondo scivolone nel giro di 48 ore. «In un programma che tratta argomenti molto diversi tra loro hai portato la voce della politica vicino alle persone. Ce n’è bisogno!», ha twittato il presidente del Lazio taggando Barbara D’Urso e il suo programma Non è la D’Urso. Unanimamente riconosciuto come il programma televisivo nazional-popolare per eccellenza (Sanremo a parte, of course), la trasmissione ha ospitato nel tempo politici di ogni colore, ma lo stile, la maniera e il modo in cui “Barbarella vostra” affronta questioni di politica e attualità ha fatto spesso ricondurre il format al cosiddetto “trash televisivo”, con una punta di populismo nostrano nel quale l’ex ministro dell’Interno, Matteo Salvini, tanto bene navigava prima della conversione europeista. Ecco perché, soprattutto nella galassia social dei follower di Zingaretti, il tweet ha fatto alzare più di un sopracciglio, anche se di certo le ospitate dei leader nei programmi televisivi, anche quelle più stravaganti, non sono mancate nemmeno in passato. Indimenticabile, a proposito, la presenza di Matteo Renzi, allora ancora sindaco rottamatore di Firenze, ad Amici di Maria De Filippi nel 2013. Con tanto di giubbotto di pelle stile Fonzie, e giù ilarità. Ma il clima nel quale arriva il tweet di Zingaretti è diverso, perché il segretario dem è alle prese con la questione femminile nel partito dopo la scelta dei tre ministri uomini, parzialmente rientrata con la nomina ieri di quattro sottosegretarie donne su sei. Qualche settimana fa il titolare del Nazareno, sempre su twitter, aveva battibeccato anche con Concita De Gregorio, che ne aveva fatto un ritratto al vetriolo su Repubblica in piene consultazioni. «Purtroppo ho visto solo l’eterno ritorno di una sinistra elitaria e radical chic, che vuole sempre dare lezioni a tutti, ma a noi ha lasciato macerie sulle quali stiamo ricostruendo», aveva scritto in quell’occasione Zingaretti. Avesse riproposto il tema della sinistra elitaria e radical chic nel salotto di Barbara D’Urso, non avrebbe fatto una piega.