Il premier Mario Draghi lo aveva promesso davanti alla Camera nei giorni solenni della fiducia al suo governo: «Il Parlamento tornerà centrale», aveva detto. Una dichiarazione confermata, seppur ufficiosamente, dagli spifferi che appena ieri laltro arrivavano da palazzo Chigi: «Il presidente del consiglio dei ministri - facevano sapere gli spin doctor dellex governatore della Bce - archivierà per sempre lera dei Dpcm per presentare normalissimi decreti che saranno sottoposti al Parlamento». E invece? E invece ci risiamo: è notizia di ieri la volontà del premier di prorogare le misure del massimo rigore, almeno fino al prossimo 6 aprile, attraverso un nuovo Dpcm. Insomma, un altro mese di chiusure: lultimo Dpcm di Conte scadrà infatti il prossimo 5 marzo. La comodità dei Dpcm è data dal fatto che entrano immediatamente in vigore senza la necessità di passare per il Parlamento. Ma è proprio questo, la mancanza di un passaggio parlamentare, il suo grande limite democratico. E lo diciamo con molte virgolette visto che nessuno immagina truppe golpiste pronte a esautorare i poteri del Parlamento. Di certo però i Dpcm in questi mesi di pandemia hanno indebolito molto il ruolo del Parlamento. Unabitudine rischiosissima per ogni democrazia. Fatto sta che ieri il ministro della Salute Speranza ha spiegato che la situazione sanitaria, a causa delle nuove varianti del virus, è ancora fuori controllo e dunque è necessaria una ulteriore stretta. Le varianti del Covid imperversano, la campagna vaccinale non va pregiudicata. «Le principali nazioni europee - ha infatti piegato il ministro della Salute - hanno scelto la linea del massimo rigore, l'Italia si muove su questa linea». «Siamo all'ultimo miglio, a un passaggio delicato e decisivo per vincere questa battaglia: serve uno sforzo unitario, una leale collaborazione a Roma come in tutte le regioni». E poi: «Vediamo la luce in fondo la tunnel, con i vaccini il Covid può essere arginato».