Si può parlare di disarmo. A cinque giorni dalla nomina di Marta Cartabia a via Arenula, il quadro della giustizia ricorda la conferenza di Yalta. Enrico Costa di Azione comunica con Carlo Calenda il temporaneo stop all’emendamento sulla prescrizione. Cosimo Ferri e Lucia Annibali, dal fronte Italia viva, annunciano identica decisione. Matteo Salvini ha detto già domenica scorsa che bisogna «scegliere poche cose, non la riforma della Giustizia o della Costituzione, ma salute, lavoro e ritorno alla normalità». Forza Italia, per voce di Pierantonio Zanettin, conferma al Dubbio quanto dichiarato da Francesco Paolo Sisto: non ritiriamo il siluro anti Bonafede ma «siamo pronti ad ascoltare le proposte della ministra e poi valuteremo, sicuri che la presidente emerita della Consulta troverà le soluzioni migliori per evitare i processi infiniti». Serve altro?

L’effetto Cartabia consiste in una sospensione del conflitto con effetto immediato. Resta però un dato: la maggioranza, sulla giustizia penale, è radicalmente rovesciata. E la sopravvivenza della prescrizione di Bonafede non potrà essere lunga. Persino dal Pd i due capigruppo nelle commissioni Giustizia di Senato e Camera, Franco Mirabelli e Alfredo Bazoli, chiedono, nel primo caso, «una riforma che assicuri alle fasi del processo una scadenza» e, nel caso di Bazoli, «una più esauriente definizione per la prescrizione dei reati, che oggi, per quasi unanime opinione, non ha una disciplina convincente».

Sulla giustizia penale cambia tutto. E il Movimento 5 Stelle è destinato a restare in minoranza, presto o tardi: è solo questione di tempo. Può essere illuminante una curiosità: il Fatto quotidiano, giornale in sintonia con i pentastellati e certo non entusiasta del governo Draghi, lunedì scorso ha pubblicato in prima pagina un titolo- slogan non riferito ad alcun articolo interno ma con un punto di vista netto: «La neoministra Cartabia vuol congelare l’emendamento pro prescrizione. Dopo il ministero Green, è un’altra furbata per prendere i voti dei 5 Stelle e fregarli poi» . Non c’è un numero di pagina che rimandi a ulteriori approfondimenti: la questione è tutta lì.

Sarà un caso ma sempre ieri, nel giorno dell’apparente distensione sul processo penale, Alfonso Bonafede, tornato un semplice parlamentare 5 stelle, ha detto che voterà la fiducia ma che «non sarà in bianco». Non fa riferimenti alle riforme della giustizia o alla prescrizione, ma è chiaro che se pure di qui ad alcuni mesi la maggioranza prendesse sul penale una direzione sgradita al Movimento, la reazione di Bonafede e dei pentastellati sarebbe inevitabile.

D’altra parte già nel tentativo convulso di varare un Conte ter, il Pd aveva chiarito ai grillini che un passo avanti sulla prescrizione sarebbe stato necessario. Crimi e Bonafede avevano accettato il lodo Orlando: 7- 8 mesi per approvare il ddl penale, con congelamento della prescrizione in caso di flop. Certo, erano convinti che in quel momento contasse disinnescare l’assalto renziano. Però il Partito democratico è stato chiaro. E ancora adesso la linea del Nazareno è tutt’altro che bizantina: i 5 stelle accettino l’idea di essere in una maggioranza nuova, in cui quasi tutte le altre forze hanno una posizione diversa dalla loro sulla prescrizione, in un quadro simile non si può ragionare con le pretese del passato. Insomma, che il Movimento sia “in minoranza nella maggioranza” è un altro dato ineluttabile.

Va detto che nell’immediato il disarmo premia la mediazione del Pd. Dai suoi esponenti impegnati sulla giustizia erano venuti i primi appelli a ritirare gli emendamenti anti Bonafede. Ora Bazoli esprime la soddisfazione dei democratici per il fatto che «come avevamo auspicato, i gruppi firmatari di emendamenti sulla prescrizione al Milleproroghe abbiano deciso di non metterli ai voti: siamo in una fase politica nuova, occorre deporre le armi e le bandiere ideologiche e affrontare i temi della giustizia in modo condiviso e pragmatico». Il capogruppo pd nella commissione Giustizia di Montecitorio interviene dopo che Enrico Costa ha annunciato, in un’intervista a Repubblica, il “congelamento” degli emendamenti, in modo da consentire a Cartabia di illustrare al Parlamento «le proprie linee programmatiche» e arrivare a un «passo avanti collegiale» della maggioranza. Il testo del deputato di Azione era stato firmato anche da Riccardo Magi, leader di + Europa, che conferma: «Governo e maggioranza dovranno trovare una soluzione strutturale, e rapidamente, per garantire la ragionevole durata del processo». Cosimo Ferri, deputato di Italia viva, spiega al Dubbio: «Penso che per cortesia istituzionale si debba ritirare l’emendamento, Cartabia merita un atto di fiducia». L’ex vice di Orlando a via Arenula fa poi notare un dettaglio semplice semplice: «Una modifica che congeli la norma Bonafede e riporti in vigore la riforma della prescrizione targata Orlando potrà sempre essere riproposta in altri provvedimenti». Lucia Annibali, prima firmataria dell’emendamento renziano, conferma lo stop. È più sfumata, come detto, la posizione di Forza Italia: «Aspettiamo che vi sia un’interlocuzione con la ministra, prima di ritirare la modifica», ribadisce Zanettin, «sappiamo che gli emendamenti al Milleproroghe andranno votati nelle prossime ore, e che certo Cartabia non avrà modo di presentare le proprie linee programmatiche in commissione Giustizia prima di quel voto. Ma», dice il deputato azzurro, «si potranno trovare occasioni diverse nell’immediato, per una prima intesa di maggioranza sulla giustizia». È cominciata una nuova era. E il disarmo è doveroso. Ma non vuol dire che Bonafede sia uscito illeso dalla battaglia sulla prescrizione, anzi. È solo questione di tempo.