Sarà un momento di tensione massima. Già venerdì prossimo, dopo che il governo di Mario Draghi avrà ottenuto la fiducia, le commissioni Affari costituzionali e Bilancio della Camera potrebbero mettere ai voti gli emendamenti al Milleproroghe. Compresi quelli che congelano la prescrizione di Bonafede, firmati dall’intero centrodestra e da Italia viva. Il bombardamento concentrico potrebbe anche non dare esito immediato: l’equilibrio nelle commissioni vede il blocco formato da M5S, Pd e Leu ancora in grado di resistere. Ma la pratica sarebbe rinviata solo di poco. Come ripete Enrico Costa, deputato di Azione e in prima linea tra gli “anti Bonafede”, «nelle commissioni i numeri ci sono seppur di poco sfavorevoli: nessuno però può impedire che l’emendamento sia riproposto in Aula, e lì può esserci il voto segreto a sgretolare la maginot a difesa della prescrizione 5 stelle». Chiarissimo. Come è chiaro quanto spiega al Dubbio Francesco Paolo Sisto, responsabile Giustizia e Affari costituzionali di Forza Italia: «Ritirare il nostro emendamento sulla prescrizione? Il primo passaggio non può essere questo. Però è vero che quando si discuterà su quelle proposte, la ministra della Giustizia Marta Cartabia potrà indicare la propria linea sul processo penale. E la ascolteremo. Siamo di fronte a una guardasigilli da tripla A. L’eccellenza. Se fosse stato Alfonso Bonafede a proporre una road map organica sulla giustizia penale, non avremmo potuto considerarla risolutiva. Bonafede è stato il ministro di una visione pm-centrica, di una ricerca esclusiva del colpevole anziché della verità processuale. Cartabia invece è la più alta garanzia che si possa avere per la giustizia», dice Sisto, «e siamo pronti a vedere quale modello propone per la riforma del processo. Di più: siamo certi che Cartabia sarà la ministra della pacificazione fra la giustizia e cittadini».Chiarissimo anche questo: sulla prescrizione si può anche aprire una parentesi. A questo punto a poter cambiare è l’intero impianto della riforma penale. Ed è questo l’obiettivo di chi ha avversato la norma Bonafede.Se è vero che la priorità del governo Draghi per la giustizia è il processo civile, è vero anche che ora si apre una partita diversa sul penale. In gioco non c’è solo la norma Bonafede. E poiché l’obiettivo può essere anche più ambizioso di un congelamento di quella norma, Forza Italia, Lega e la stessa Italia viva sono pronte a un confronto più ampio con la guardasigilli. Lo stesso Enrico Costa, come segnala Repubblica, si dice fiducioso in «un tavolo per la giustizia di questa maggioranza: è li che ci metteremo a discutere». Potrebbe riaprirsi la partita sul patteggiamento, che il ddl Bonafede ha sì reso applicabile a condanne più pesanti rispetto a quanto oggi previsto, ma ha poi contraddetto la scelta con una lunga lista di fattispecie escluse da quel rito. Allo stesso modo, rientreranno in gioco le depenalizzazioni accantonate dal ddl Bonafede, che è all’esame della commissione Giustizia di Montecitorio. Riti alternativi e depenalizzazione sono due cardini della proposta condivisa presentata da Camere penali e Anm due anni fa, al primo tavolo di Bonafede.Tre ulteriori indizi mostrano come la strada del penale possa cambiare a breve. Il primo è in una passaggio della lettera inviata ieri a Cartabia da Gian Domenico Caiazza, che dell’Unione Camere penali è il presidente: «Resta una ferita aperta nella nostra civiltà giuridica aver scelto, per finalità propagandistiche e ideologiche, di abolire, con un improvvisato e malfermo tratto di penna, un istituto di antica civiltà giuridica quale la prescrizione dei reati, prima e invece che risolvere le cause della durata irragionevole dei processi che la rendono indispensabile. Rendere l’imputato prigioniero del suo processo per tutto il tempo che uno Stato inefficiente ritenga di spendere per pronunciare la sua definitiva sentenza, è e resta una inconcepibile barbarie». Uno Stato efficiente rende marginale il nodo prescrizione, e per scioglierlo, ricorda Caiazza, basterebbe appunto recuperare le «soluzioni volte a ridurre drasticamente i tempi del processo penale», a cui «abbiamo lavorato con impegno e spirito costruttivo». Quegli «approdi», dice il presidente dell’Ucpi, «condivisi tra avvocatura, magistratura e accademia ma poi traditi dalla legge delega, restano una risorsa per chi voglia davvero affrontare e risolvere la piaga della irragionevole durata dei processi».Secondo indizio: come segnala una nota del Partito radicale, domani «passerà in decisione del giudice Katia Pinto del Tribunale di Lecce il ricorso del segretario Maurizio Turco, assistito dagli avvocati Giuseppe Talò e Felice Besostri, per mandare alla Corte costituzionale la legge sul “fine processo mai” dell’ex ministro Bonafede». E «se il giudice deciderà di investire la Consulta, probabilmente si deflazionerà l’inizio del nuovo mandato ministeriale». Cioè il problema prescrizione non esisterà più. Terzo indizio: il presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia ieri ha definito «impensabile» aver introdotto lo stop alla prescrizione senza che si sia assicurato il «governo dei tempi del processo». Lo ha fatto all’inaugurazione dell’anno giudiziario delle Camere penali, cioè al fianco di quell’interlocutore con cui la stessa Anm aveva condiviso un modello alternativo di riforma. Tutti chiedono di riscrivere il processo penale. Ed è difficile che Cartabia lasci inascoltato l’appello.