“Il coraggio di ‘ Report’ di affrontare il carcere senza inutili dietrologie”. Così, in maniera quasi profetica, avevamo titolato l’articolo sulla trasmissione messa in onda da Rai3 lunedì scorso e dedicata al carcere. Eh sì, perché dopo tanti anni in cui questo giornale quotidianamente si interessa dell’universo penitenziario, ci siamo resi conto che gli argomenti trattati danno fastidio, ai più. Le nostre inchieste, le denunce e le storie hanno spesso sollevato polemiche, interrogazioni parlamentari e tenuto acceso un faro su tutto quello che succede all’interno delle carceri italiane: dal sovraffollamento alle precarie condizioni sanitarie, dalla limitazione dei diritti dei detenuti al difficile contesto nel quale operano gli agenti di Polizia penitenziaria. Per non parlare della difficoltà di applicare misure alternative e del “mistero” della fornitura di braccialetti elettronici. Il nostro faro, accesso quotidianamente, è importante, e ha spesso fatto in modo che se ne puntassero altri. Ma la potenza di una trasmissione Rai è enorme, ed ecco che quando Report ha messo in onda l’ottimo servizio di Bernardo Iovene, si è scatenato il putiferio.
Passi per le reazioni social dei telespettatori, forse abituati a guardare Report per servizi più orientati a una visione general- preventiva sulla giustizia, e che hanno criticato la scelta della redazione guidata da Sigfrido Ranucci. Ma che un ex sottosegretario alla Giustizia, il leghista Jacopo Morrone, invochi l’intervento della commissione di Vigilanza, ci sembra esagerato.
Chi ha visto l’inchiesta di Report, senza preconcetti ideologici, ha assistito alla narrazione di fatti, supportati da esposti e denunce, sui quali la magistratura sta indagando, tante interviste a familiari dei detenuti, ex reclusi, operatori penitenziari e altre persone alle quali sta a cuore che anche, e soprattutto, in carcere lo Stato di diritto abbia piena attuazione. Forse l’onorevole Morrone non ha avuto occasione di guardare il programma, altrimenti non avrebbe potuto dichiarare che si sarebbe trattato di un “messaggio fazioso, senza contraltare”. Né sostenere come “una trasmissione del servizio pubblico, che dovrebbe essere pluralista, non abbia dato spazio a una vera informazione, esaustiva e completa, ascoltando tutte le parti in causa”. Ci scusi, onorevole Morrone, ma come può sostenere che nell’inchiesta di Report non sono state ascoltate tutte le parti in causa? Ecco un breve elenco delle persone intervistate: Massimo Parisi, direttore del personale del Dap, Antonio Fullone, provveditore della Campania dell’Amministrazione penitenziaria, Marco Puglia, magistrato di sorveglianza del carcere di Santa Maria Capua Vetere, Vincenzo Maria Irollo, direttore sanitario di Poggioreale, Adriana Pangia, presidente del Tribunale di sorveglianza di Napoli, Donato Capece, segretario generale del Sappe ( Sindacato autonomo polizia Penitenziaria) Emilio Fattorello, segretario nazionale sempre del Sappe, e ancora Gennarino De Fazio, segretario Uilpa Polizia Penitenziaria.
Obiettivamente non ci sembra che Bernardo Iovene non abbia dato spazio a tutte le parti in causa. Forse il problema è che una volta tanto si sia parlato di carcere al di là dei soliti schemi ideologici, considerando i detenuti delle persone che stanno scontando una pena, e non come dei rifiuti della società da “chiudere dentro e buttare la chiave”.
Le inconsistenti polemiche contro “Report”
“Il coraggio di ‘ Report’ di affrontare il carcere senza inutili dietrologie”. Così, in maniera quasi profetica, avevamo titolato l’articolo sulla trasmissione messa in onda da Rai3 lunedì scorso e dedicata al carcere. Eh sì, perché dopo tanti anni in cui questo giornale quotidianamente si interessa dell’universo penitenziario, ci siamo resi conto che gli argomenti trattati danno fastidio, ai più. Le nostre inchieste, le denunce e le storie hanno spesso sollevato polemiche, interrogazioni parlamentari e tenuto acceso un faro su tutto quello che succede all’interno delle carceri italiane: dal sovraffollamento alle precarie condizioni sanitarie, dalla limitazione dei diritti dei detenuti al difficile contesto nel quale operano gli agenti di Polizia penitenziaria. Per non parlare della difficoltà di applicare misure alternative e del “mistero” della fornitura di braccialetti elettronici. Il nostro faro, accesso quotidianamente, è importante, e ha spesso fatto in modo che se ne puntassero altri. Ma la potenza di una trasmissione Rai è enorme, ed ecco che quando Report ha messo in onda l’ottimo servizio di Bernardo Iovene, si è scatenato il putiferio.
Passi per le reazioni social dei telespettatori, forse abituati a guardare Report per servizi più orientati a una visione general- preventiva sulla giustizia, e che hanno criticato la scelta della redazione guidata da Sigfrido Ranucci. Ma che un ex sottosegretario alla Giustizia, il leghista Jacopo Morrone, invochi l’intervento della commissione di Vigilanza, ci sembra esagerato.
Chi ha visto l’inchiesta di Report, senza preconcetti ideologici, ha assistito alla narrazione di fatti, supportati da esposti e denunce, sui quali la magistratura sta indagando, tante interviste a familiari dei detenuti, ex reclusi, operatori penitenziari e altre persone alle quali sta a cuore che anche, e soprattutto, in carcere lo Stato di diritto abbia piena attuazione. Forse l’onorevole Morrone non ha avuto occasione di guardare il programma, altrimenti non avrebbe potuto dichiarare che si sarebbe trattato di un “messaggio fazioso, senza contraltare”. Né sostenere come “una trasmissione del servizio pubblico, che dovrebbe essere pluralista, non abbia dato spazio a una vera informazione, esaustiva e completa, ascoltando tutte le parti in causa”. Ci scusi, onorevole Morrone, ma come può sostenere che nell’inchiesta di Report non sono state ascoltate tutte le parti in causa? Ecco un breve elenco delle persone intervistate: Massimo Parisi, direttore del personale del Dap, Antonio Fullone, provveditore della Campania dell’Amministrazione penitenziaria, Marco Puglia, magistrato di sorveglianza del carcere di Santa Maria Capua Vetere, Vincenzo Maria Irollo, direttore sanitario di Poggioreale, Adriana Pangia, presidente del Tribunale di sorveglianza di Napoli, Donato Capece, segretario generale del Sappe ( Sindacato autonomo polizia Penitenziaria) Emilio Fattorello, segretario nazionale sempre del Sappe, e ancora Gennarino De Fazio, segretario Uilpa Polizia Penitenziaria.
Obiettivamente non ci sembra che Bernardo Iovene non abbia dato spazio a tutte le parti in causa. Forse il problema è che una volta tanto si sia parlato di carcere al di là dei soliti schemi ideologici, considerando i detenuti delle persone che stanno scontando una pena, e non come dei rifiuti della società da “chiudere dentro e buttare la chiave”.
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