Ore febbrili di contatti, telefonate e calcoli sul pallottoliere per tentare di arrivare all’appuntamento del voto in Aula con numeri sufficienti a garantire la sopravvivenza del governo. Ma al momento, nonostante il lavorio continuo e pressante di chi nella maggioranza e nel governo (tra cui lo stesso premier Giuseppe Conte) sta lavorando al "dossier costruttori", i numeri al Senato sarebbero ancora lontani da quota 161, ovvero la maggioranza assoluta. Non che per ottenere la fiducia serva necessariamente raggiungere quella vetta, basterebbe un voto in più e il governo Conte II potrebbe dirsi salvo. Ma è altrettanto vero che non incassare la maggioranza assoluta sarebbe un segnale politico non indifferente. L’Udc, i cui senatori nelle ultime ore erano indicati tra i papabili a traslocare nella maggioranza, si sfila dalla partita: «Non ci prestiamo a giochi di palazzo e stiamo nel centrodestra. I nostri valori non sono in vendita». Ma nel Maie, il movimento fondato da Ricardo Merlo - e che si appresta ad ospitare i cosiddetti "costruttori" per dar vita alla quarta gamba dell’attuale maggioranza - regna l’ottimismo: «La fiducia passerà» al Senato, anche se «i numeri li sapremo solo martedì», pronostica lo stesso sottosegretario, che tiene a precisare: «Non vogliamo assolutamente diventare il partito di Conte ma siamo un gruppo di parlamentari che hanno in Conte un punto di riferimento, crediamo nel suo progetto politico». E mentre il renziano Luigi Cucca nega che sia pronto ad abbandonare Italia viva per aggiungersi ai "salvatori" dell’esecutivo («basta illazioni senza fondamento»), volano gli stracci tra Carlo Calenda e Clemente Mastella. Il candidato sindaco di Roma svela in un tweet di essere stato contattato dal primo cittadino di Benevento: «Anche io ho avuto l’onore di una telefonata del simpatico Clemente. Una roba tipo tu appoggi Conte e il Pd appoggia te a Roma». L’ex ministro non ritiene che dietro ci sia lo zampino dei dem, ma osserva: «Considero questa offerta un insulto personale e un dato politico rilevante per capire il quadro di degrado in cui versiamo». Replica al vetriolo di Mastella: «Sei una persona di uno squallore umano incredibile». In attesa di capire se lunedì alla Camera e, soprattutto, martedì al Senato il "drappello" di responsabili sarà sufficiente a mantenere in vita l’esecutivo, si rincorrono ipotesi sulle prossime mosse del premier. Tra queste, Conte potrebbe intervenire in Aula alla Camera per poi non attendere il voto di fiducia e recarsi al Colle per rassegnare le dimissioni e poi dar vita a un Conte ter, frutto di una nuova maggioranza politica, di cui i costruttori sarebbero la quarta gamba assieme a Pd, M5s e Leu. Secondo il senatore ex M5s ora Maie Saverio De Bonis, «lunedì alla Camera e martedì al Senato il governo supererà lo scoglio. Poi ci sarà una crisi lampo e il presidente Conte dovrà riformulare la squadra di Governo». Ma per governare, torna a mettere in chiaro il Pd, non basta «avere un numero in più». Per questo, spiega il vicesegretario Andrea Orlando, «il tema che si porrà un minuto dopo la fiducia, se ci sarà, è consolidare la maggioranza, siglare un nuovo patto di legislatura e lavorare alla ricostruzione di un campo con le forze che hanno dato segnali ma che non si sono ancora sentite di fare questo passo, pur volendo prendere le distanze dalla destra sovranista». Il numero due del Nazareno non nasconde che, sebbene ci sia «una disponibilità di forze intermedie a garantire la stabilità in questa fase, non abbiamo alcuna sicurezza». «L’Italia ha bisogno di sicurezza, stabilità e futuro. Invece, come prevedibile, con l’apertura della crisi da parte di Italia Viva si stanno determinando condizioni sempre più difficili per garantire un governo adeguato al Paese in una situazione di emergenza, rischiando di aprire scenari imprevedibili», scrive il Partito Democratico. «Dopo l’approvazione della bozza di Recovery per la rinascita e lo sviluppo e in piena pandemia, con la crisi l’ltalia sta pagando un prezzo immenso. Il Pd lo ha sempre ribadito con grande chiarezza e trasparenza: i problemi vanno affrontati e risolti, non aumentati e fatti esplodere. Ora per garantire una piena trasparenza si vada nelle sedi appropriate, quelle parlamentari, dove tutti dovranno assumersi le proprie responsabilità per salvaguardare gli interessi del Paese», conclude la nota del Pd. Intanto da Italia viva, dopo lo strappo e le dimissioni delle due ministre - e nonostante la nettezza con cui Pd e M5s hanno sbarrato la porta agli ormai ex alleati - continuano ad arrivare segnali "distensivi". Matteo Renzi ha annunciato l’astensione dei suoi gruppi se Conte dovesse presentarsi in Aula con un «intervento di apertura a pezzi di Forza Italia, del centro o altri che vorrebbe portare dentro per sostituirci», ha spiegato ieri in serata. Domani i gruppi parlamentari di Italia viva torneranno a riunirsi per fare il punto e «confrontarsi» sul «dopo voto delle Camere» di lunedì e martedì. Intanto, viene riferito, è praticamente già decisa la linea dell’astensione in Parlamento sulla fiducia che Camera e Senato saranno chiamati ad esprimere dopo le comunicazioni del premier Giuseppe Conte, come già preannunciato dallo stesso Matteo Renzi. «Sono molto fiero di come stiamo lavorando. Noi siamo sui contenuti e ogni giorno che passa diventa più chiaro che la verità vince sulle veline del Palazzo. Al Senato i 18 senatori saranno decisivi visto che la maggioranza al momento e tra 150 e 152. Non rispondiamo alle provocazioni e lavoriamo sui contenuti», dice l'ex premier all’assemblea dei parlamentari di Iv, in corso nel pomeriggio. Mentre Vito De Filippo lascia il partito e torna nel gruppo Pd alla Camera. Ad annunciarlo è lo stesso deputato, in dissenso dalla linea intrapresa da Matteo Renzi. Una «scelta sbagliata» quella di Italia viva di aprire la crisi «mentre il Paese è attraversato da difficoltà e sofferenze». Per questo motivo, spiega, «lunedì voterò la fiducia al governo».