Il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, parlerà oggi in conferenza stampa, ma il governo Conte bis è ormai al capolinea. Il Consiglio dei ministri di ieri sera, andato avanti più di quanto previsto, ha dato il via libera al Recovery Plan da 222 miliardi di euro, che passerà ora al vaglio del Parlamento. Ma il confronto a palazzo Chigi è stato anche il punto di non ritorno nella compagine di governo, con le due ministre renziane, Teresa Bellanova ( Agricoltura) ed Elena Bonetti ( Famiglia) più volte sull’orlo delle dimissioni. Eppure ancora ieri pomeriggio Renzi aveva preso tempo, dicendo che delle dimissioni della troupe renziana avrebbe parlato oggi con i cronisti subito dopo il voto sulle risoluzioni che seguono l’informativa del ministro della Salute, Roberto Speranza, sull’epidemia di Sars- Cov- 2.

Nel botta e risposta con Giuseppe Conte, che ormai va avanti da giorni, l’inquilino di palazzo Chigi aveva tirato una stoccata ieri mattina, facendo trapelare che “in caso di fuoriuscita di Renzi dalla maggioranza non sarà possibile il sostegno di Italia Viva a un ipotetico Conte ter”. E chissà che così facendo l’avvocato del popolo non abbia fatto saltare i piani a Renzi, il quale ha risposto parlando con i cronisti nel tardo pomeriggio tra i corridoi di palazzo Madama e dicendo che “se Conte ha i numeri per sostituire il nostro sostegno alla maggioranza con quello di qualcun altro, auguri. Si chiama democrazia parlamentare”.

Chi ancora tenta un disperato salvataggio in calcio d’angolo dell’esperienza giallorossa è il Partito democratico, con il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, che subito dopo il Consiglio dei ministri ha annunciato la convocazione delle parti sociali spiegando che il prossimo scostamento di bilancio da 24 miliardi sarebbe “incompatibile” con una crisi di governo. Da Italia Viva tuttavia insistono, tanto che il presidente del partito, Ettore Rosato, ha parlato di “fine acclarata del Conte bis”. Ma i numeri, come spiega Chiara Valerio nel saggio La matematica è politica la fanno sempre da padrone, e in caso di addio dei renziani si andrebbe alla ricerca di un gruppo di responsabili, o meglio “costruttori”, sulla scia del discorso di fine anno del presidente della Repubblica sul “ricostruire” il Paese. Ne servirebbero almeno una decina e ieri l’idea di dare vita a un nuovo soggetto politico parlamentare che sostenga Giuseppe Conte è circolata parecchio, soprattutto tra i corridoi del Senato, grazie anche alla spinta di un tessitore di lungo corso come Clemente Mastella.

Difficile possano arrivare da Forza Italia, idea per l’ennesima volta respinta da Giorgio Mulè, capo dei dipartimenti azzurri; più probabile arrivino dal Misto, dove ci sono parlamentari che già votano con la maggioranza ai quali se ne potrebbero aggiungere altri, probabilmente ex pentastellati.

L’equilibrio su cui si regge la tenuta della maggioranza appare sempre più fragile, sospeso tra la volontà di rompere di Matteo Renzi, da un lato, e il desiderio di Conte di dimostrare di saper sopravvivere anche senza il sostegno dei renziani, dall’altro. Quasi certamente si arriverà a uno scontro dialettico a palazzo Madama tra i due contendenti, come accadde nell’agosto 2019 quando Conte e Salvini si fronteggiarono dapprima tra i banchi dello stesso governo e, nel giro di qualche minuto, al governo l’uno e all’opposizione l’altro. Come andò a finire in quell’occasione è ormai negli annali della politica e anche in questo la via della riconciliazione appare strettissima. Sembra, insomma, soltanto una questione di tempo. Non di se né di quando, ma di come. In mezzo, il tentativo dei due litiganti di salvare la faccia di fronte a un Paese che ancora ieri contava 616 decessi da Covid- 19. Impresa non da poco, visto il malcontento circolante tra gli elettori psicologicamente ed economicamente stremati da mesi di pandemia. Nonostante questo, nessuno sembra voler cedere. In attesa della resa dei conti parlamentare, la melina di palazzo, forse solo per qualche ora, continua.