Il 29 dicembre viene ricoverato d’urgenza in ospedale, con dolori al petto e febbre altissima. Una volta finito al pronto soccorso, è andato in arresto cardiaco e ricoverato in terapia intensiva. Ma a oggi i familiari non hanno più notizie dall’ospedale, nonostante l’informativa della direzione del carcere di Parma abbia scritto nero su bianco che «le informazioni sullo stato di salute del detenuto potranno essere ottenute presso i referenti dell’azienda unità sanitaria locale negli II.PP. di Parma e presso i referenti dell’azienda ospedaliero universitaria di Parma». È un detenuto 76enne malato, ha bisogno da tempo di un defibrillatore cardiaco impiantabile che i sanitari del carcere di Parma non sono in grado di garantire, ma nonostante numerose istanze, per i giudici è compatibile con l’istituto penitenziario. L'avvocato Calabrese: «Per fortuna si è sentito male in ospedale» L’avvocato Francesco Calabrese, legale di Giovanni Fontana, così si chiama il recluso ricoverato d’urgenza in ospedale, spiega a Il Dubbio che solo per un caso fortuito l’arresto cardiaco è avvenuto in ospedale. «In carcere si sarebbe salvato?», si chiede l’avvocato sottolineando il fatto che il quadro clinico del suo assistito in attesa di giudizio definitivo è allarmante. Tant’è vero che nel tempo sono state fatte numerose istanze per i domiciliari, puntualmente respinte. L’ultima in ordine cronologico, è il caso di dirlo, ha lanciato un allarme che puntualmente si è concretizzato con il ricovero urgente. Non solo. Tramite una consulenza medica predisposta dall’avvocato, è emerso che il quadro clinico di Fontana è peggiorato con il tempo. Dall’analisi della documentazione sanitaria e dalla visita congiunta effettuata si evidenzia, infatti, che il detenuto è affetto da: «Scompenso in cardiopatia ipocinetica-dilatativa FE: 27% con acinesia posteriore medio-basale; laterale medio- basale settale posteriore basale, ipertensione arteriosa severa, diabete mellito di grado severo con retinopatia diabetica ed arteriopatia vascolare periferica grave e diffusa agli arti inferiori ed ai tronchi sopra aortici marcata extrasistolia ventricolare spesso organizzata bigemino, plurime rivascolarizzazioni sia chirurgiche che con angioplastica e stent; osteoartrosi grave e lombo sacralgia, TBC polmonare». Un quadro clinico che non può essere affrontato in carcere È quindi emerso che il quadro patologico è di tale gravità da richiedere cure e trattamenti che non possono essere adeguatamente prestati in carcere. Nell’ultimo periodo – secondo il parere del medico - è visibilmente ed obiettivamente peggiorato. Infatti si è reso necessario un trattamento con diuretici ad alte dosi e riospedalizzazioni frequenti e ravvicinate ed indicazioni per impiantare un defibrillatore. Secondo il consulente di parte, «trattasi, infatti, di patologia ad alto rischio non passibile di guarigione che sta peggiorando nel tempo».D’altronde, come evidenziato dalla stessa relazione del direttore sanitario della Casa circondariale di Parma, le pluripatologie dell’ultrasettantenne stavano avendo una grave evoluzione. Secondo la relazione del medico di parte, il protrarsi della carcerazione sta creando grave pregiudizio alla salute di Giovanni Fontana. Difatti, già risultava affetto da un marcato quadro di cardiopatia ischemica che determina ripetuti e purtroppo sempre più ravvicinati, episodi di scompenso cardiaco acuto. Il responso è stato netto. «Malgrado l’implementata terapia farmacologica attuata- si legge nella relazione – le condizioni di salute presentano in atto caratteristiche di estrema gravità tali da risultare incompatibili con la detenzione carceraria». Parole che sono purtroppo risultate profetiche. A fine dicembre, ricoverato d’urgenza in ospedale, ha avuto in seguito l’arresto cardiaco. È stato rianimato e portato in terapia intensiva. I famigliari sono preoccupati visto che ancora non vengono informati sulle sue attuali condizioni fisiche.