Il sistema giudiziario italiano, per la prima volta dall’entrata in vigore della Costituzione, dovrà confrontarsi con un pm fortemente gerarchizzato e di nomina politica. Stiamo parlando della Procura europea ( EPPO), prevista con il Trattato di Lisbona del 2007, la cui attività dovrebbe andare a regime già nelle prossime settimane.

La scorsa settimana avevamo raccontato del dibattito al Csm sulla votazione del parere sullo schema di ddl approvato al riguardo dal Consiglio dei ministri lo scorso ottobre. Un dibattito, con molte voci critiche, che si allargato in questi giorni agli operatori del diritto.

L’Italia è l’unico Paese, fra le democrazie consolidate, in cui le due funzioni sono affidate allo stesso corpo di magistrati indipendenti. Di regola, nei regimi democratici pm e giudice appartengono ad organizzazioni diverse. Solo in Francia si ha un ordinamento simile a quello italiano, ma Oltralpe il pm è comunque sottoposto alle direttive del ministro della Giustizia. Il tema principale riguarda, essenzialmente, le modalità di nomina del procuratore europeo, da parte del Consiglio e del Parlamento europeo, e dei procuratori europei, da parte della Commissione europea. Come “garantire”, allora, l’autonomia e l’indipendenza di un pm di nomina politica?

In primo luogo, secondo quanto stabilito dal Regolamento, il personale della Procura europea agisce nell'interesse dell'intera Unione e non sollecita né accetta istruzioni da altre istanze esterne. Ciò assicura che le istituzioni, gli organi o gli organismi dell'Unione e gli Stati membri rispettino l'indipendenza della Procura europea e non cerchino di influenzarla nell'esercizio delle sue funzioni.

Poi, la Procura europea sarà strutturalmente indipendente, in quanto non sarà integrata in un'altra istituzione o in un altro servizio dell'Unione.

Ed infine, la nomina del procuratore capo europeo avrà luogo a seguito di un invito generale a presentare candidature e sarà effettuata dal Parlamento europeo e dal Consiglio. Una commissione composta da membri emeriti della Corte di giustizia dell'Unione europea, delle Corti supreme, delle Procure nazionali e/ o avvocati di chiara fama contribuirà a selezionare una rosa di candidati. Il mandato è limitato a sette anni e non è rinnovabile. In questo modo si è voluto evitare che l'operato del procuratore capo europeo sia dettato da considerazioni legate a un'eventuale rielezione. Il procuratore capo europeo può essere sollevato dall'incarico soltanto con decisione della Corte di giustizia, su richiesta del Parlamento europeo, del Consiglio o della Commissione. Infine, per quanto riguarda i procuratori europei delegati, il Regolamento garantisce che i procuratori nazionali nominati alla Procura europea siano completamente indipendenti dalle Procure nazionali.

Le attribuzioni, come è stato ricordato, sono molto specifiche.

Attualmente, solo le Autorità nazionali possono svolgere indagini penali e perseguire le frodi lesive degli interessi finanziari dell'Unione, ma le loro competenze si arrestano ai confini nazionali. I reati a danno del bilancio dell'UE sono complessi: il buon esito delle indagini presuppone una conoscenza profonda del quadro giuridico e amministrativo del caso. Ottenere una cooperazione efficace tra gli Stati membri non è mai facile: i sistemi penali sono diversi, non è chiara quale sia la legge applicabile, le procedure di assistenza giudiziaria sono lunghe, sorgono problemi linguistici, mancano le risorse e variano le priorità. La sfida, dunque, sarà quelle di far ' convivere' le Procure italiane con la Procura europea. Quest'ultima agirà senza dover ricorrere agli strumenti tradizionali di diritto dell'UE per avviare una cooperazione tra le Autorità giudiziarie dei diversi Stati membri.

La Procura europea riunirà, poi, esperienze e competenze in un organismo unico per tutti gli Stati membri partecipanti, intervenendo rapidamente a livello transfrontaliero senza le lungaggini delle procedure di cooperazione giudiziaria e consentendo di instaurare una politica comune in materia di azione penale. In pratica si punta a mettere fine all'attuale approccio frammentario nelle indagini per le frodi relative ai fondi dell'UE e nei complessi casi di frode all'IVA transfrontaliere che comportano un danno superiore ai 10 milioni di euro.