«Aumentano i contagi, aumenta l’angoscia, s’incrementa la rabbia e la sfiducia!». Così scrivono, in una lettera a Il Dubbio, i detenuti e le detenute del carcere di Torino, preoccupati per il Covid 19. Manifestano, soprattutto, la delusione a proposito delle misure deflattive introdotte dal governo. «Facciamo presente – denuncia la popolazione detenuta -, che qui a Torino sono state dichiarate ammissibili solo 16 istanze, soggette comunque alla discrezionalità dei magistrati di sorveglianza». Davvero poca cosa, a fronte di 1300- 1400 detenuti del carcere piemontese. Nella lettera, i reclusi sottolineano il fatto che l’articolo 30 ( la detenzione domiciliare) inserito nel decreto ristori ha creato, di fatto, delle diseguaglianze rispetto al diritto alla salute. Sì, perché vengono esclusi i condannati rientranti dei reati cosiddetti ostativi (4 bis) e anche chi ha reati minori ma una pena superiore ai 18 mesi. «Hanno meno diritti di altri?», si chiedono sempre i detenuti e detenute del carcere di Torino.

«Il sovraffollamento non si riduce – scrivono ancora nella lettera -, i contagi galoppano, queste “soluzioni” prese dallo Stato non ci bastano!». Osservano anche che il loro diritto all’affettività ne risente moltissimo durante questa seconda ondata, «pur essendo una tutela anche per i nostri cari – sottolineano i detenuti -, il blocco di colloqui e permessi grava sui nostri stati d’animo e su quello dei nostri affetti». Chiedono il rispetto della loro dignità, perché «questo sacrificio non era previsto nelle nostre sentenze» e «almeno in un momento come questo, di totale e straordinaria emergenza, ci aspettiamo l’uso della civiltà». Ma quindi cosa chiedono i detenuti e detenute del carcere di Torino? «Chiediamo la modifica dell’articolo 30 del decreto ristori, misure meno afflittive estese a tutta la popolazione detenuta». Ma soprattutto, ci tengono a sottolineare, sostengono chi protesta e sciopera pacificamente. Questo per chiedere di «aumentare la liberazione anticipata, proposta legge di Nessuno tocchi Caino e del deputato Roberto Giachetti». Un richiesta «con effetto retroattivo al 2015, anno in cui viene sospesa la liberazione anticipata speciale ed estesa a tutta la popolazione detenuta», perché il covid 19 non «chiede se hai o meno l’ostativo».