«Si apprende di una proposta degli enti locali per la collocazione di un nuovo carcere nell’area piemontese dell’ex fabbrica “dei veleni”, l’ACNA di Cengio». A denunciarlo attraverso il dossier di fine anno è Bruno Mellano, il garante dei diritti dei detenuti del Piemonte. Come mai? Tutto parte dalla chiusura del vecchio carcere di Savona avvenuta nel 2016. Anche se parliamo della città ligure, come ha ben spiegato il garante Mellano nel dossier, l’ambito territoriale del PRAP di Torino comprende anche la Liguria e la Valle d’Aosta ed inevitabilmente le scelte del distretto ricadono direttamente o indirettamente anche sulle strutture penitenziarie e sui ristretti piemontesi. Per questo motivo, sia in termini di gestione del personale, sia nei trasferimenti che sul distretto vengono decisi a Torino, sia negli sfollamenti fra istituti, di cui usufruiscono frequentemente case circondariali molto grandi, come Torino. Ecco perché Mellano fa un riferimento al vecchio carcere di Savona. L’ex istituto istituto sorgeva in centro a Savona sulla collina del Monticello, dove nella seconda metà del trecento vennero eretti la Chiesa ed il convento di Sant’Agostino. Il complesso, articolato su tre livelli, subì nei secoli trasformazioni e modifiche. Ad inizio dell’ottocento, a seguito della soppressione degli ordini monastici operata dalle leggi napoleoniche, il convento diventa sede di carcere giudiziario, funzione che ha ricoperto per più di due secoli per venire - finalmente - chiuso solo nel 2016.

L’EX FABBRICA DEI VELENI

Ebbene, il Garante Mellano ora apprende della proposta degli enti locali per la collocazione di un nuovo carcere nell’area dell’ex fabbrica “dei veleni”, l’ACNA di Cengio, su un’area gestita dalla Syndial, ora ENI- Rewind. «Le ragioni che spingono il Ministero di Giustizia e quello delle Infrastrutture per l’acquisizione e la costruzione di un istituto penale in quel sito sono certamente rispettabili ( riutilizzo dell’area, posti di lavoro, mercato immobiliare, ecc.) – denuncia il garante del Piemonte - ma non hanno nulla a che fare con i problemi di un’esecuzione penale volta al reinserimento sociale, ad assicurare una pena dignitosa, a contatto con le famiglie e con i servizi del territorio». Mellano segnala però una possibile alternativa. Ovvero la presenza «dell’imponente ed adeguato complesso di edifici della Scuola di Polizia Penitenziaria di Cairo Montenotte ( Sv), che ha ampi spazi e significative strutture di servizio, e che – con lungimiranza della Direzione – sta già sperimentando sia il lavoro all’esterno dei detenuti della Casa di Reclusione a custodia attenuata di Fossano ( Cn), sia l’utilizzo di stanze per l’accoglienza sul territorio di soggetti in misura alternativa, accettando una sfida di senso e di prospettiva, per un carcere davvero “nuovo”!».

QUANDO L’INQUINAMENTO RITORNÒ A GALLA

La denuncia del garante Mellano è seria e desta preoccupazione. Sembrava che l’idea di costruire un nuovo carcere in quella zona fosse stata cestinata e invece è di nuovo in auge. Parliamo di terre fortemente inquinate, dove la bonifica non è tuttora completata, frutto di un disastro ambientale, forse uno dei più terribili che ha coinvolto l’Europa. A fine novembre 2016, un periodo di piogge intense è culminato con una grande piena dei corsi d’acqua del Piemonte meridionale. In alcuni fiumi la piena ha assunto carattere di vera e propria alluvione, testimoniata anche dall’emergenza in termini di protezione civile che ha caratterizzato quei giorni. Gli abitanti del posto hanno testimoniato la presenza di un odore acre, a tratti nauseabondo. L’alluvione è stata così dirompente che interi tratti di fascia ripariale sono rimasti stravolti e persino distrutti, con abbattimenti di alberi anche di grosse dimensioni. Inoltre, i sedimenti fluviali sono stati depositati nell’ampia fascia pianeggiante ai lati del fiume e grazie alla colorazione diversa del suolo dei terreni agricoli sono rimasti chiaramente visibili anche per diversi mesi dall’evento alluvionale. Da più parti sono state fatte segnalazioni di odori caratteristici dei sedimenti tipicamente associati alla pluridecennale vicenda dell’ex- Acna. In quell’anno, quindi, è ritornato a galla la memoria storica del grande disastro ambientale. Il 23 luglio di più di 30 anni fa una grande nube tossica si sollevò dallo stabilimento Acna di Cengio: in poche ore raggiunse numerosi comuni sul confine tra Liguria e Piemonte, causando intossicazioni e forti preoccupazioni tra la popolazione. La fuoriuscita di gas tossici era solo l’ultima di una lunga serie di incidenti e danni ambientali causati dall’Acna, contro la quale si battevano da tempo i comuni della val Bormida, valle che dall’entroterra di Savona si estende fino al Basso Piemonte lungo il corso del fiume Bormida. La vicenda dell’Acna e dei decenni che furono necessari per riuscire a chiuderla è esemplare nella storia dell’ambientalismo in Italia: l’incidente del 1988 contribuì alla fine dello stabilimento nel 1999, mentre i danni ambientali per la val Bormida e i suoi comuni sono evidenti ancora oggi. Ora vogliono costruirci addirittura un carcere sopra?