È una detenuta gravemente malata, si trova ristretta al carcere di Santa Maria Capua Vetere per scontare un residuo di pena per un furto di energia elettrica. Reato commesso nel lontano 2009. Ha tutti i requisiti per stare in detenzione domiciliare avendo una pena da espiare ampiamente inferiore ai 18 mesi, ma il magistrato di sorveglianza ha rigettato l’istanza. Perché? Oltre al fatto che la donna sarebbe priva di domicilio e sanzionata per le infrazioni disciplinari, ha la colpa di aver finito di espiare un’altra condanna: quella che rientra tra i reati ostativi. Attenzione, parliamo di una pena di due anni e 6 mesi che ha già finito di scontare, mentre quella relativa al furto di energia è di un anno e due mesi. Da ciò si evince che non parliamo di una pericolosa criminale. Infatti, ricordiamo, i reati ostativi (4 bis dell’ordinamento penitenziario) non contemplano soltanto coloro che appartengono al terrorismo o criminalità organizzata. Lei ha partecipato ha una rapina pluriaggravata. Tant’è vero che nel 2019, nel corso della detenzione per questo reato ostativo, fu posta ai domiciliari dalla stessa corte di appello di Napoli, dopo che il carcere attestò l’esistenza di patologie tumorali. L’avvocato difensore Salvatore Barbuto, sottolinea al Dubbo che, rispetto a queste gravi patologie, da tre mesi hanno richiesto accertamenti. Ma non vengono tuttora effettuati.Lei si chiama Arca Baldassarre, classe 1973, ma è piena di patologie che di solito si riscontrano in persone con età avanzata. Oltre alla patologia tumorale, dalla relazione sanitaria emerge che è affetta da «broncopatia cronica con dispnea riferita dopo lievi sforzi, noduli tiroidei n.d.d, cervicalgia persistente, fibromima uterino, ipertensione arteriosa, obesità, carie dentarie e disturbi del visus». Come detto, nonostante il reato ostativo e quando nemmeno c’era l’emergenza covid (virus che potrebbe essere compromettente visto le sue patologie), la corte d’Appello ha concesso la sostituzione della custodia cautelare con gli arresti domiciliari. Non solo. «Unitamente alla condotta collaborativa della predetta nell’ambito del recente giudizio d’appello – ha scritto la Corte -, fanno ritenere , le pur ancora esistenti esigenze cautelari debitamente evidenziate nell’ordinanza inflittiva, fronteggiabili adeguatamente anche con la chiesta misura custodiale domiciliare senza necessità di dispositivi elettronici di controllo; ciò anche per rendere più agevole il trattamento sanitario delle gravi patologie riscontrate nella relazione sanitaria e nel diario clinico».Il giudice della Corte, quindi, non solo ha concesso i domiciliari nel 2019, ma ha addirittura evitato di porre misure restrittive. Questo per garantirle il diritto alla cura che il carcere non può dare. Per il reato ostativo, quindi, la misura domiciliare è stata concessa. Invece, per il residuo di una pena per un furtarello, c’è il magistrato di sorveglianza che ha rigettato la richiesta. In carcere senza se e senza ma, proprio nel periodo dell’emergenza Covid dove si richiede la carcerarizzazione come estrema ratio. Parliamo, nel caso della donna, della richiesta di una misura introdotta dal decreto Ristori. Misura, secondo giuristi e il garante nazionale, ritenuta perfino insufficiente per alleviare la condizione di sovraffollamento carcerario nella quale sono ricadute le carceri dopo la tregua segnata dai provvedimenti seguiti alla nota vicenda “Torreggiani” nel 2013. Eppure, non solo è insufficiente, ma in tanti casi nemmeno verrebbe applicata. Ricordiamo ancora una volta che c’è Rita Bernardini del Partito Radicale al 28esimo giorno dello sciopero della fame per chiedere al Governo e parlamento di inserire misure deflattive più efficaci. La vicenda della detenuta Arca Baldassarre è emblematica per questo motivo. È gravemente malata, reclusa nel carcere campano per un piccolo furto, ma per la magistratura deve restare dentro.