Presenze in tribunale tracciate tramite una comunicazione via mail. Il provvedimento che fa discutere è quello diramato dalla Corte d’Appello di Napoli, dove a partire da martedì 24 novembre l’accesso sarà «subordinato» alla spedizione «in tempo apprezzabilmente anteriore a quello dell’ingresso nel Palazzo» di una pec con l’indicazione della «volontà di accesso» e dei luoghi dove verrà svolta l’attività professionale nello specifico giorno d’accesso.

Un’incombenza finalizzata alla «raccolta del dato relativo a tutti gli ingressi nel Palazzo» e «l’immediato possibile tracciamento delle compresenze in caso di verificarsi di focolaio pandemico». Un provvedimento «indispensabile», si legge nel decreto congiunto del presidente della Corte e del procuratore generale, per ricostruire in maniera immediata gli spostamenti all’interno del Palazzo, «isolare con decisiva rapidità» un eventuale focolaio ed evitare, dunque, i tempi lunghi della ricostruzione di tutte le tracce documentali in grado di attestare le presenze.

All’ingresso in tribunale sarà dunque necessario esibire una prova dell’invio della mail, la quale non esonera gli avvocati dall’obbligo di prenotazione online per l’accesso alle cancellerie e alle segreterie.

Il provvedimento ha suscitato non poca perplessità tra gli avvocati napoletani. «È evidentemente inutile e senza alcun effetto. È noto, peraltro, che il tracciamento è ormai saltato da mesi», sottolinea anche a nome di molti colleghi l'avvocato Marco Campora. «Il decreto da ultimo assunto - continua la nota - non cade come un fulmine a ciel sereno ma si innesta all'interno di un percorso che mira - sia pur forse inconsciamente - all'allontanamento degli avvocati dai tribunali. Sono mesi che siamo costretti a districarci tra conferme di prenotazioni che non arrivano, mail che non vengono lette dai destinatari, atti che riusciamo ad avere solo in extremis pochi giorni o addirittura poche ore prima della celebrazione del processo».