«In Tribunale mancano le condizioni di sicurezza». Il grido di dolore arriva da Catania, dove la Camera penale “Serafino Fama” ha deciso di passare dalle parole ai fatti, proclamando lo stato d’agitazione e l’astensione dalle udienze per otto giorni, dal 27 novembre al 7 dicembre. Una protesta determinata dall’aumento dei casi di contagio tra i penalisti, che nei giorni scorsi hanno perso, a causa del coronavirus, il collega Fabio Ferlito, 55 anni, per il quale era scattata una grande gara di solidarietà per donare plasma iperimmune.

Le ragioni sono sempre le stesse: aule affollate, spazi angusti e mancanza di areazione, con una sovrapposizione dei ruoli che trasforma i corridoi e le stanze del Palazzo di Giustizia in potenziali bombe virologiche. Una situazione nota anche al ministero della Giustizia, che mercoledì scorso ha spedito ai piedi dell’Etna una squadra di ispettori, a seguito di una segnalazione sulle condizioni del Palazzo di Giustizia, proprio per verificare il rispetto dei protocolli anticovid. Squadra che sta passando al setaccio Procura, aule e cancellerie, attraverso una verifica della disposizione degli impiegati, dei giudici, delle misure impiegate per evitare code e verificare la conoscenza delle prescrizioni da parte dei dipendenti. Un sopralluogo che non ha carattere punitivo e finalizzato a garantire la sicurezza di chi ogni giorno opera in Tribunale, avviato dal ministero su una ventina di tribunali in tutta Italia, tra i quali quello di Padova.

A far scattare la polemica tra i penalisti la scarsa comunicazione delle fasce orarie di trattazione delle udienze da parte di alcuni magistrati, nonostante le direttive impartite dal presidente del Tribunale d'intesa con Ordine degli avvocati e Camera penale. L’eccessivo carico di lavoro delle cancellerie e il sovraccarico di ruoli precedentemente calendarizzati, sottolineano i penalisti, non giustificano i silenzi sugli orari delle udienze. Una misura essenziale per «evitare inutili assembramenti». Il risultato è presto detto: le condizioni di sicurezza, denunciano gli avvocati, sono al limite.

«Constatiamo e ribadiamo, con amarezza - si legge in una nota della Camera penale - che gli avvocati di Catania cominciano a contare, con frequenza crescente, il numero di colleghi che si ammalano di Covid- 19. Siamo certi che questo non sia da addebitare in via esclusiva alla frequentazione delle aule di Giustizia e tuttavia constatiamo che ci sono inadempienze - ferme le opportune valutazioni di competenza che il presidente del Tribunale, siamo certi, intenderà adottare - che denotano la mancanza di rispetto, umano prima che professionale, non soltanto verso la categoria degli avvocati e la Toga che anch'essi indossano, ma anche per la loro salute e quella di tutti gli altri cittadini che, per lavoro o per dovere, sono costretti a recarsi in Tribunale».

La situazione è più tranquilla al Tribunale civile, spiega al Dubbio il presidente del Coa Rosario Pizzino, ma a complicare la vita ai penalisti è l’assoluta «inidoneità», già in tempi ordinari, del plesso di via Crispi. «Si tratta di un palazzo con sei aule che affacciano su una stessa anticamera, dove le udienze vengono svolte contemporaneamente e senza aerazione. È una situazione critica», sottolinea. Il Coa ha insistito affinché i presidenti di sezione andassero a scremare le udienze per evitare assembramenti, chiedendo che gli orari delle udienze venissero comunicati con un anticipo di almeno tre giorni. «Purtroppo non abbiamo ottenuto una risposta soddisfacente - aggiunge Pizzino - Le comunicazioni non sempre ci sono e tutti i magistrati portano in udienza un numero di fascicoli consistente».

L’obiettivo dell’Ordine è quello di garantire la prosecuzione dell’attività lavorativa degli avvocati, evitando un nuovo lockdown della Giustizia. «Ma servono efficienti misure di protezione - continua -. Molti colleghi sono positivi, alcuni con pochi sintomi e rinchiusi in casa, altri ricoverati, altri ancora in gravi condizioni: tutto questo ha destato allarme. Non so se si possa parlare di cluster, ma ci sono stati parecchi casi, soprattutto tra i penalisti». L’obiettivo comune di Camera penale e Coa è lavorare in sicurezza. Così Pizzino ha convocato per sabato una seduta straordinaria del Consiglio dell’ordine, per valutare la situazione alla luce dell’aggravamento dell’epidemia, con la possibilità di avanzare richieste più drastiche al presidente del Tribunale. Tra le opzioni, quella di stabilire un periodo di 15 giorni nel quale rinviare tutte le udienze che si tengono in presenza fisica, «per darci il tempo di valutare l’andamento epidemiologico insieme ai capi degli uffici e mettere a punto misure per riprendere le udienze in sicurezza».

Ma i contagi nei Tribunali attraversano tutto lo Stivale, in alcuni casi portando anche al decesso di alcuni professionisti, come accaduto, ad esempio, ad Avellino. A tirare in ballo il ministro della Giustizia, nelle ultime ore, ci ha pensato Giulia Bongiorno, avvocato penalista e senatrice della Lega, risultata positiva al Covid. «Esistono “zone franche” in cui è impossibile difendersi, zone dove persino il cittadino più scrupoloso è impotente», ha dichiarato a Repubblica. Ovvero i tribunali, ha spiegato, puntando il dito contro Bonafede: «Invece di proteggerci, di metterci in condizione di lavorare in sicurezza si occupa dei problemi interni al Movimento 5 Stelle». Ma la risposta del ministro non si è fatta attendere: «Le suggerirei di lasciare il Covid fuori dalla polemica. La senatrice non è nemmeno certa di dove abbia contratto il virus, ma tende a darmi colpa anche di questo».