Adesso si entra nel vivo. Anche se la riforma della giustizia è un po’ come la giustizia spettacolo: fuochi d’artificio per le indagini, bassa intensità per il dibattimento in aula. E così adesso, dopo le scintille sulla prescrizione che prima del lockdown hanno fatto vacillare il governo, il ddl penale non è più una mina vagante. Il motivo non è solo nelle priorità imposte dall’emergenza covid, come spiega un parlamentare di maggioranza: «Ora abbiamo di fronte una materia gigantesca: non solo la riforma del processo penale ma anche quella del Csm. È chiaro che un accordo va trovato in termini complessivi. A cominciare dall’argine al correntismo, che deve essere efficace, e che oggi è lo snodo decisivo anche rispetto alla tutela di chi è imputato in un processo».

Il discorso è chiaro: il ddl penale ha cominciato a muovere da poco i primi passi in commissione Giustizia. Mercoledì è stata audita l’Anm, che ha detto no alle sanzioni per i pm lenti e sì alla prescrizione. Martedì prossimo sarà la volta di Cnf, Ocf e Unione Camere penali. In parallelo, da poche ore è stato incardinato sempre a Montecitorio il ddl sul Csm. Altrettanto corposo: 41 articoli con dentro anche lo stop alle porte girevoli tra toghe e politica. Andrà sempre in commissione Giustizia. E visto che Bonafede tiene ad arrivare all’approvazione in tempi rapidi, in modo che la riforma entri in vigore ben prima dell’elezione per il futuro Csm, Italia viva e Pd non escludono l’accorpamento tra i due ddl: Consiglio superiore e riforma penale in un unico maxi- testo. Anche per risparmiare il tempo necessario alle audizioni, almeno al Senato. Dato il quadro, è ormai chiaro che neppure alle componenti della maggioranza più ostili al lodo Conte bis, i renziani innanzitutto, sembrerà utile mettersi in trincea solo sulla prescrizione. Dal loro punto di vista, a Renzi e al suo partito converrà discutere in modo che, per esempio, le regole su Palazzo dei Marescialli siano più severe. A cominciare dai limiti al correntismo: impossibilità delle nomine a pacchetto e modifiche ancora più severe al sistema per eleggere i togati. Ma sarà appunto difficile tornare indietro sul compromesso trovato sulla prescrizione ( bloccata solo dopo la condanna in primo grado, con recupero del tempo sospeso in caso di successiva assoluzione in appello). «Non possiamo considerarci pienamente soddisfatti da quel lodo», spiega un’autorevole fonte dem, «ma sappiamo anche che rimetterlo in discussione equivarrebbe ad annientare l’intero cammino parlamentare delle riforme in materia di giustizia. Con un dettaglio: il blocca- prescrizione resterebbe tranquillamente in vigore, grazie al via libera arrivato due anni fa con il voto della Lega».

Il primo a non avere alcun interesse a un dietrofront sulla prescrizione è ovviamente Bonafede. E si può dare per certo che il guardasigilli sarà attento a mantenere anche tutte quelle altre parti del doppio ddl in grado, sempre nella sua ottica, di bilanciare lo stop all’estinzione dei reati. Incluse le sanzioni previste in capo a giudici e pm tardivi, sgradite all’Anm. Tra l’altro, ricorda un consigliere del Csm attualmente in carica, «la linea del guardasigilli è emersa con una certa chiarezza in un incontro fra lo stesso Bonafede e il vicepresidente Ermini: non è plausibile, secondo il ministro, una rinuncia alla norma sulle conseguenze disciplinari legate al mancato rispetto dei tempi predeterminati perché proprio il Consiglio superiore avrà facoltà di escludere dai provvedimenti i magistrati in servizio nei Tribunali più in difficoltà e con i carichi più gravosi». In pratica, Bonafede ritiene di aver già attenuato la norma contestata, grazie alla “esimente”, inserita nello stesso ddl penale. E se Italia viva chiederà rigore assoluto sull’argine alle correnti nell’elezione dei togati, il Pd potrà accettare il lodo Conte bis a condizione che nel processo penale «venga ancor più incentivato il ricorso ai riti alternativi: patteggiamento e abbreviato», spiega la fonte, «devono diventare ancora più appetibili, in modo da ridurre i dibattimenti e, contemporaneamente, il rischio di tempi insostenibili in appello, dove non ci sarà più la prescrizione».

La meccanica degli equilibri è chiara. A esserne insoddisfatti rischiano di essere, per ragioni diverse, avvocati e magistrati. E sulla prescrizione (per i primi) come sulle sanzioni (per i secondi) sarà difficile che trovino sponde nella maggioranza.