Momenti di grande tensione ieri mattina a Palazzo dei Marescialli nel processo disciplinare a carico di Luca Palamara. L’udienza era dedicata all’ammissione delle prove documentali e per testi. Questo procedimento, come noto, si basa quasi esclusivamente sul contenuto delle intercettazioni effettuate con il trojan da parte del Gico nell’ambito dell’indagine della Procura di Perugia per corruzione a carico dell’ex presidente dell’Anm. Punto nodale è la conversazione fra Palamara, i deputati Cosimo Ferri e Luca Lotti e cinque consiglieri del Csm avvenuta la sera del 9 maggio del 2019 all’hotel Champagne di Roma, e avente a oggetto le nomine di importanti uffici giudiziari. Fra le accuse a Palamara, quella di avere “condizionato” le scelte dell’organo di autogoverno della magistratura. Il consigliere di Cassazione Stefano Giame Guizzi, difensore del pm romano, ha articolato il proprio intervento contestando l’utilizzabilità delle risultanze di tale attività intercettiva. Fra i motivi in punto di diritto, la mancata indicazione del luogo di svolgimento dell’attività criminosa, prevista per i reati contro la Pa, la mancata indicazione, nel decreto autorizzativo del gip di Perugia, della programmazione delle registrazioni da effettuare, l’insussistenza delle ragioni di urgenza e l’utilizzazione di impianti esterni a quelli della Procura. Guizzi ha poi definito illecite le captazioni effettuate quando erano presenti con Palamara dei parlamentari. Non si sarebbe trattato di incontri “occasionali” ma programmati per tempo, e per i quali era necessaria l’autorizzazione del Parlamento. La Procura generale della Cassazione si è opposta. Il collegio, invece, si è riservato di decidere sull’utilizzabilità delle intercettazioni. Nel frattempo è stata disposta la loro trascrizione. Al riguardo, poi, lunedì prossimo il Tribunale di Perugia dovrà pronunciarsi sia in relazione alle modalità di utilizzo del trojan, sia per l’avvenuta intercettazione di parlamentari senza autorizzazione della Camera. Se tali intercettazioni dovessero venire dichiarate inutilizzabili, tale inutilizzabilità, ha spiegato Guizzi, sarebbe ‘ erga omnes’, quindi non solo per Ferri e Palamara ma anche per i cinque ex togati del Csm sotto procedimento disciplinare.

Sul fronte dei testimoni la difesa di Palamara aveva chiesto che fossero ammessi in 133. Si trattava di politici, alti magistrati, capi di correnti della magistratura. Lo scopo era quello di dimostrare che l’interlocuzione fra politici e magistrati in tema di nomine dei vertici degli uffici è sempre esistita. Le nomine sono atti “politici” ha ricordato Guizzi e dovrebbero essere “sottratte” al giudice amministrativo. Di diverso avviso il collegio ( presieduto dal laico indicato dal M5S Fulvio Gigliotti) secondo il quale le contestazioni riguardano solo cosa accadde durante l’incontro di maggio, col tentativo di Palamara di screditare l’allora procuratore di Roma Giuseppe Pignatone e l’aggiunto Paolo Ielo. Il collegio ha ammesso solo i finanzieri del Gico che effettuarono gli ascolti, “riservandosi” di valutare l’ammissione di altri testimoni. Un segno, forse, della presenza di vedute non del tutto convergenti all’interno della sezione disciplinare. Dallo scioglimento della riserva discenderà anche il carattere del procedimento disciplinare a Palamara: mero accertamento delle responsabilità legate alla cena dell’hotel Champagne o valutazione commisurata sulle prassi generalmente adottate in quella e in precedenti consiliature del Csm? La sentenza è prevista per il 16 ottobre, ma prima si dovrà capire lungo quale percorso il collegio intenda arrivarci. Sempre la sezione disciplinare ha assolto due giorni fa, per “scarsa rilevanza del fatto”, Doris Lo Moro, magistrata fuori ruolo in servizio presso il ministero della Giustizia ed ex senatrice pd. Lo Moro aveva partecipato “sistematicamente e con continuità” all’attività del partito, “in particolare come componente dell’Assemblea nazionale”.