Le aspettative sono enormi. Non solo e non tanto per i contenuti della riforma, comunque controversi e per diversi aspetti contestati sia dall’avvocatura che dall’Anm. Il ddl sul processo penale che entrerà nella fase calda dell’esame in commissione a partire dalla settimana prossima è sotto i riflettori per una ragione assai poco tecnica e tutta politica: rappresenta la massima sintesi possibile che, sulla giustizia, la maggioranza è in grado di raggiungere.

Saltasse quell’equilibrio, si rivelasse insoddisfacente, si creerebbe un problema gigantesco.

A sventolare l’imminenza del match nelle ultime ore è stato soprattutto l’arbitro su cui incombe l’onere di dirigerlo, ossia il presidente della commissione Giustizia di Montecitorio Mario Perantoni. Il testo ha già mosso i primi passi procedurali ma, come spiega il deputato 5S, «stabiliremo nell’ufficio di presidenza della prossima settimana il calendario delle audizioni».

Naturalmente Perantoni, che nelle sue uscite pubbliche ha finora mostrato un’apprezzabile dose di equilibrio, la vede tutta in rosa. «Si tratta di un provvedimento a cui teniamo molto, uno dei pilastri dell’azione del ministro Bonafede: mira a rendere il processo penale più veloce ed efficiente» e, secondo il presidente della commissione, assicurerà «ai cittadini» una «risposta giudiziaria in tempi ragionevoli, nel rispetto delle garanzie difensive», con «un intervento strutturale».

Ottimismo eccessivo, ma comprensibile visto che è pur sempre il capodelegazione dei pentastellati al governo, Bonafede appunto, l’autore del ddl. Oltretutto il guardasigilli si è impegnato con un’ostinazione davvero memorabile nel far deglutire la pillola al più critico degli alleati, ossia Matteo Renzi. E il nodo, al di là di tutto il resto, è uno, semplicemente uno: la prescrizione.

Incistato nel corpo del testo infatti si trova anche il quasi dimenticato lodo Conte bis, ossia la norma che prevede di bloccare i termini di estinzione dei reati solo in caso di condanna in primo grado, e di recuperare al calcolo della prescrizione il tempo trascorso in appello, qualora chi è condannato dal Tribunale in prima istanza fosse riconosciuto innocente in secondo grado. Calibrature e ricalibrature ingegnate da uno dei più acuti tecnici del diritto presenti nella commissione presieduta da Perantoni, il deputato di Leu Federico Conte, avvocato.

Ma in fondo il tutto è riducibile a un’alchimia compromissoria di segno politicista. Discutibilissima in linea di principio perché non garantisce affatto che un povero cristo innocente, ma per sventura condannato dal giudice in primo grado, possa restare “imputato a vita”, visto che in appello la prescrizione non interverrebbe più.

In ogni caso, è mai possibile che un’alchimia simile possa attraversare le forche caudine del Parlamento illesa come una rosa sul palmo della mano? Ma manco a pensarci. Ovvio che ripartiranno le bordate di Italia viva, e quelle dell’opposizione, in una commissione Giustizia dove oltretutto gli equilibri sono delicatissimi.

A guidare la microdelegazione renziana è Lucia Annibali, anche lei avvocata e autrice del lodo con cui gli effetti del “blocca- prescrizione”, in vigore da Capodanno, sarebbero stati sospesi almeno fino all’effettiva approvazione della riforma penale.

Adesso la sola mossa a disposizione di Renzi coincide in realtà con la richiesta avanzata a lungo dal Cnf, attraverso il presidente Andrea Mascherin: sospendere gli effetti della “nuova” prescrizione e assumere una decisione definitiva sulla modifica dell’istituto solo dopo che si sarà condotto un monitoraggio sui benefici del ddl penale. Si dovrebbe dunque approvare la riforma Bonafede in fretta e metterla alla prova per almeno un anno e mezzo. C’è da scommettere che Renzi farà propria l’idea degli avvocati.

L’eccesso d’ottimismo di Perantoni si coglie anche in un altro paio di dettagli. Innanzitutto per una legge del genere le audizioni non costituiranno solo un pigro formalismo.

È proprio nell’ascolto del parere di magistrati, avvocati e professori universitari che divamperanno le scintille della tensione politica. Perché gli avvocati - oltre al Cnf certamente l’Unione Camere penali presieduta da Gian Domenico Caiazza non mancheranno di rappresentare tutta la gravità della corto circuito sulla prescrizione. Tanto più alla luce dei contenuti del ddl penale, che non solo scalfisce, con il succitato lodo, in modo impalpabile il problema, ma che non affonda neppure il colpo sul versante in cui davvero i tempi si ridurrebbero: la depenalizzazione.

Certamente Cnf, Ocf e Ucpi non nasconderanno l’apprezzamento per i passaggi del ddl in cui Bonafede ha oggettivamente dimostrato di saper ascoltare i giuristi, come le migliorie sul patteggiamento e sull’abbreviato condizionato. Ma è ovvio che sull’irrisolto dilemma della prescrizione l’avvocatura non darà tregua alla maggioranza.

C’è quindi un altro dettaglio, a proposito di quelle proposte migliorative che Caiazza e la sua Unione elaborarono di concerto proprio con l’Anm, in un clima irripetibile di disarmo bilaterale: riguarda la magistratura. Da tale ultimo fronte verrà una vera e propria trincea da guerra di posizione, in particolare sulle sanzioni ai magistrati per i processi lunghi.

Secondo la riforma penale, sono disciplinarmente perseguibili il giudice che deposita colpevolmente tardi le sentenze e il pm che non rispetta i termini per la chiusura delle indagini. Sul punto, tutte le correnti sono pronte a una resistenza tipo Leonida alle Termopili.

E c’è un ulteriore dettaglio, devastante: mentre la commissione di Perantoni farà le prime audizioni, le correnti si sfideranno nell’attesissimo voto che a ottobre rinnoverà gli organi dell’Anm.

In piena campagna elettorale, quella che altrimenti sarebbe stata una resistenza passiva si trasformerà nei botti di-San Silvestro. Ma certo, la bonomia di Perantoni servirà almeno a sdrammatizzare un po’ lo spettacolo.