Non è una stroncatura. Anzi. Dopo le reazioni critiche di vari protagonisti – stamattina compare sulla “Stampa” un giudizio molto negativo di Nino Di Matteo, e lo stesso David Ermini, su Repubblica, si dice perplesso – la Anm esprime «apprezzamento» per la riforma del Csm varata venerdì sera. Sia per «il complessivo impianto» sia su «molti degli interventi contenuti nel testo del ddl» approvato venerdì in Consiglio dei Ministri. Una notizia. E anche un atto di diplomazia. Perché subito dopo l’Associazione magistrati viene al punto: molte cose vanno bene ma non il sorteggio, «in contrasto coi principi costituzionali» e soprattutto liquidato come «risposta demagogica a problemi di complessa natura, anche tecnica». Il comunicato della giunta presieduta da Luca Poniz dà dunque il senso della polemica che tormenterà la riforma Alfonso Bonafede di qui in avanti, anche durante l’esame in Parlamento: a parte qualche altro dettaglio, il vero problema riguarderà il «sorteggio residuale», come lo si definisce nel comunicato, introdotto cioè per individuare i candidati mancati in quei collegi in cui non si raggiungesse la soglia minima prevista di dieci aspiranti togati. Nella propria reazione agrodolce, Anm dunque si compiace del fatto che «siano state recepite diverse proposte emerse dal dibattito interno alla magistratura coerenti con il dichiarato obiettivo di perseguire la valorizzazione del merito e la trasparenza delle decisioni, a riprova dell’importanza di un metodo partecipato nei progetti di riforma dei meccanismi regolatori della vita delle istituzioni, metodo imprescindibile e di dialogo che l’Anm ha sempre ricercato». Chiaro riconoscimento politico dell’impostazione adottata, nel complesso, dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. Ma poi la stessa Associazione magistrati «evidenzia la necessità di proseguire nel confronto sul sistema elettorale del Csm per evitare il rischio, già verificatosi in passato, di produrre esiti opposti a quelli che si dichiarano di voler perseguire». E appunto, «conferma la già espressa contrarietà a ogni meccanismo di sorteggio applicato, anche in via residuale, al sistema elettorale del Csm e alle dinamiche che ne regolano il funzionamento interno di organi e commissioni». Il sorteggio era stato bocciato nettamente nei giorni scorsi già da alcuni leader dell’associazionismo giudiziario. In particolare, e con dichiarazioni rilasciate al Dubbio, da Eugenio Albamonte, segretario di “Area”, e Antonio Sangermano, ex vicepresidente della Anm e promotore del gruppo “Movimento per la Costituzione”. Con la dichiarazione diffusa (ieri sera) dall’Associazione, si chiarisce ancora una volta come l’oggetto del contendere consista nella difesa del «pluralismo», che la gran parte della correnti teme di veder confuso con gli «effetti negativi delle prassi legate al deteriore fenomeno della degenerazione correntizia». E l’«obiettivo» di «scongiurare» tale «obiettivo» pure è «condivisibile». Proprio nell’ottica di evitare la «negazione del necessario e vitale pluralismo culturale e della identità politico-amministrativa che la Costituzione assegna al Csm», Anm «stigmatizza ogni eventuale strumentalizzazione mediatica e politica, tesa a utilizzare la riforma in senso punitivo ai danni dell’associazionismo giudiziario e dei magistrati tutti». Viene insomma rispedita al mittente, seppur in modo implicito, quella formula di “spazza correnti”, troppo evocativa della “spazza corrotti”. L’Associazione nazionale magistrati in ogni caso non dà per chiusa la partita e «riserva un rigoroso approfondimento di tutti i molti e complessi profili della riforma, pronta a fornire il proprio contributo di critica e di proposta». Il dialogo continuerà, ma non sarà privo di spine.