Una storia da film, di quelle con avvocati battaglieri, impegnati per i diritti civili e imputati condannati ingiustamente che riescono a dimostrare le storture del sistema giudiziario statunitense. Nella realtà però la stragrande maggioranza delle volte le cose vanno decisamente peggio e non c’è scampo da detenzioni spropositate e giurie spesso composte da soli bianchi.

È quello che è successo a Fair Wayne Bryant, un uomo afroamericano di 62 anni, condannato in Lousiana nel 1997 per un tentativo di furto con scasso semplice. Aveva tentato di rubare due decespugliatori da un negozio, la pena è stata enorme: ergastolo. Attraverso il suo avvocato, Peggy Sullivan, nel 2018 ha fatto appello al Second Circuit Court chiedendo l’annullamento della sentenza in quanto «eccessiva e incostituzionalmente dura».

Due giorni fa però la Suprema Corte dello stato ha respinto la richiesta del condannato e confermato la pena del carcere a vita. Il verdetto è stato di 5 voti a favore contro 1. L’unica dissenziente è stata la giudice capo Bernette Johnson, che ha motivato la sua decisione scrivendo nero su bianco: «la condanna inflitta è eccessiva e sproporzionata rispetto al reato commesso dall'imputato».

La giudice Johnson è l’unica donna e soprattutto l’unica nera della Corte, il resto sono tutti uomini bianchi. Negli Usa esistono tre tipi di ergastolani, quelli che non usciranno mai in libertà condizionale, coloro che invece potrebbero goderne e i cosiddetti “Virtual”, persone formalmente non condannate all’ergastolo, ma a pena talmente alte (più di 50 anni), da essere equivalenti al carcere a vita. In questo sistema il 48,3% dei detenuti sono afroamericani, il 32,4% bianchi, e il 15,7% ispanici. La percentuale discriminatoria appare evidente se si considera che su una popolazione di circa 325 milioni di persone i neri sono il 13%.

L’ergastolo a Bryant è dovuto ai suoi precedenti. Fu condannato nel 1979 per tentativo di rapina a mano armata, nel 1987 per possesso di oggetti rubati, per aver tentato di falsificare un assegno del valore di 150 dollari nel 1989 e per semplice furto con scasso di un'abitazione nel 1992, tutto prima del suo arresto del 1997 per il fallito tentativo di rubare i decespugliatori.

Reati di poco conto, per questo la giudice Johnson ha spiegato che «ciascuno di questi crimini è stato uno sforzo per rubare qualcosa. Tale piccolo furto è spesso determinato dalla povertà o dalla dipendenza. È crudele e insolito imporre una condanna all'ergastolo ai lavori forzati per questo».

La giudice ha anche toccato un argomento sensibile, quello economico: «dalla condanna nel 1997, l'incarcerazione di Bryant è costata ai contribuenti della Louisiana 518.667 dollari. Arrestato a 38 anni ha già trascorso quasi 23 anni in prigione e ora ha più di 60 anni. Se vivrà altri 20 anni, i contribuenti della Louisiana avranno pagato quasi un milione di dollari per punire il signor Bryant». Tutto ciò per un furto fallito di due tagliaerba.