Si combattono ma in fondo si somigliano, Conte e Salvini. Uno dei due coltiva una democrazia di tipo muscolare, dove i problemi si risolvono, e magari si dissolvono, con le maniere sbrigative. L’altro coltiva una democrazia di tipo narcisistico, dove i problemi si imbellettano con una compiaciuta affabulazione. Democrazie un po’ particolari, tutte e due. Si somigliano e magari sotto sotto si amano pure. Già, perché Conte non potrebbe trovare oppositore più comodo del leader leghista. E viceversa. C’è tra loro una sorta di involontaria complicità nell’immaginare una politica svuotata di tutte le sue scomodità e ridotta al culto del capo. Sia egli un leader dalle maniere forti oppure dalle fattezze eleganti. La ruspa e lo specchio, diciamo così.

Hanno reciproco interesse a che ci sia l’altro dalla parte opposta della finta barricata che li divide. Perché Conte regge ancora sullo spauracchio dell’arrivo di Salvini. Il quale si fa forte dell’attaccamento del premier al potere - stato d’emergenza incluso. Sono l’uno l’alibi dell’altro. C’è tra loro un implicito e mai dichiarato intento consociativo, a dispetto della loro apparente implacabile ostilità. Nessuno dei due, a mio avviso, è un pericolo per la nostra libertà. Ma tutti e due sembrano coltivare un’idea piuttosto monocratica del potere. Così, la loro somma alla fine non fa guadagnare molto alla causa della democrazia.