Non si può negare il diritto all’informazione anche per i reclusi al 41 bis senza verificare prima le testate, anche se non rientrano nella lista della circolare del 2017 dove si sono uniformate le regole del regime speciale. È accaduto che il carcere di Sassari ha negato a Salvatore Madonia, recluso al 41 bis, di poter leggere i quotidiani Per questo ha fatto reclamo al magistrato di sorveglianza che però l’ha respinto. A quel punto, Madonia, tramite il suo avvocato Valerio Vianello Accorretti, ha fatto ricorso alla Cassazione che l’ha accolto annullando l’ordinanza e rinviando gli atti al magistrato di sorveglianza di Sassari per un nuovo giudizio.

Secondo la corte suprema, il provvedimento impugnato è fondato perché si basa su due argomentazioni fondamentali. La prima riguarda il fatto che il magistrato di sorveglianza di Sassari abbia correttamente qualificato come «generico», ai sensi dell'art. 35 dell’Ordinamento penitenziario, il reclamo proposto da Madonia avverso il diniego opposto dalla Direzione del carcere in ordine alla ricezione gratuita di due quotidiani nazionali. La seconda concerne l'affermazione del Tribunale di sorveglianza secondo cui avverso la relativa decisione non sarebbe previsto alcun «rimedio» ; ciò che, in tesi, avrebbe giustificato la decisione di «non luogo a deliberare» avverso il successivo reclamo al Collegio.

Tuttavia, sempre secondo la Cassazione, entrambi tali assunti sono errati. Sotto un primo profilo, la Corte Suprema condivide il rilievo difensivo secondo cui il reclamo proposto dal detenuto avrebbe dovuto essere ricondotto nell'ambito dell'art. 35- bis dell’ordinamento penitenziario. Ovvero c’è l’obbligo di verificare, a causa del divieto di leggere i giornali, un pregiudizio concreto ed attuale sofferto dal detenuto Madonia, conseguenza di un comportamento dell'Amministrazione penitenziaria lesivo di una sua posizione di diritto soggettivo, che, pur in difetto di un espresso riconoscimento di legge, ben può consistere nella proiezione di un diritto intangibile della persona. In questa prospettiva, secondo la Cassazione, il magistrato di sorveglianza è chiamato, a fronte del reclamo proposto dal detenuto, a procedere alla corretta qualificazione dello strumento giuridico azionato, verificando, preliminarmente, se sia configurabile tale comportamento lesivo nei confronti di Madonia.

Una volta qualificato il reclamo come presentato ai sensi dell'art. 35- bis Ord. pen., «il magistrato di sorveglianza - scrive la Cassazione - avrebbe dovuto verificare, al fine di scrutinare la fondatezza o meno della doglianza, se i due quotidiani, il Manifesto e Avvenire, ancorché non indicati nell'apposito elenco di cui al modello 72, concernente i quotidiani nazionali acquistabili al cd. sopravvitto in basse all'art. 19 della circolare n. 3676/ 6126 del- 2/ 10/ 2017 del DAP, potessero essere agli stessi assimilabili in ragione della loro qualità di quotidiani aventi tiratura nazionale e con una “significativa tradizione editoriale”; nonché, se la Direzione del primo quotidiano avesse realmente previsto un fondo per l'acquisto di abbonamenti da parte di soggetti detenuti e se il responsabile della Direzione vendite del quotidiano Avvenire si fosse reso effettivamente disponibile a riattivare la distribuzione gratuita del quotidiano». Sì, perché – come detto – il boss Madonia ha chiesto alla direzione del carcere di Sassari di poter sottoscrivere, a titolo gratuito, l'abbonamento del quotidiano il Manifesto e di poter avere una copia gratuita del quotidiano Avvenire.

Ora il magistrato di sorveglianza dovrà nuovamente rivalutare il reclamo, motivandolo come ordinato dalla cassazione. Quest’ultima ha comunque evocato le passate sentenze della corte costituzionale, le quali sottolineano che «il diritto a ricevere pubblicazioni della stampa periodica costituisce declinazione del più generale diritto ad essere informati, a sua volta riconducibile alla libertà di manifestazione del pensiero, di cui costituisce una sorta di precondizione, sicché esso trova una diretta copertura costituzionale negli articolo 2 e 21 della Costituzione».