Senatore Quagliariello, assieme a due ex senatori di Forza Italia avete abbandonato il gruppo per entrare nel misto sotto una nuova etichetta, Idea e Cambiamo, perchè questa scelta? Nella mia vita politica ho fatto anche delle scelte molto difficili, ma questa non la considero tale. Io non sono in Forza Italia da più di sette anni, cioè da quando la consideravo un passo indietro sulla via della costituzione di una forza liberale, cristiana e conservatrice che avesse una sua struttura e una sua vita interna. Qualcosa che rispondesse ai criteri della politica e non della post politica. Nel 2018 la cosa più naturale sarebbe stata quella di iscrivermi al misto ma non lo feci perchè al Senato coincideva con Leu, perchè ritenevo Forza Italia il gruppo più affine e perchè credevo che quel partito potesse diventare federatole di tutte altre formazioni di componente liberale del centrodestra. Così non è stato. Nel momento in cui nel misto non ci sono più soltanto esponenti di Leu, Forza Italia si è chiusa a riccio e ho incontrato altre esigenze come la mia, ho ritenuto necessario compiere questo passo. Una scelta chiara che niente ha a che fare con dietrologie e teorie strampalate di futuro sostegno al governo attuale o simili. Componente cristiana, liberale e conservatrice. Tre aggettivi che spesso Berlusconi usa per descrivere proprio Forza Italia. Quali sono allora le differenze? Non è stata una scelta contro Forza Italia ma il nostro progetto dapprima ribadisce l’adesione al meccanismo bipolare e poi si differenzia sui contenuti rispetto a Forza Italia senza che questo metta in discussione un appoggio al governo. Ci sono ampi segmenti di quel partito che la pensano così e credo che con loro bisognerà continuare a lavorare. Penso, ad esempio, al dialogo con Mara Carfagna, una persona che stimo. Come giudica l’attuale stato di salute di Forza Italia? Non voglio entrare troppo all’interno delle discussioni e nei problemi di un partito nel quale non sono mai stato. Mi rendo conto che la normalità della post politica è quella di formazioni effimere che siano concepite un po’ come Mattei concepiva i partiti: taxi che vengono presi per raggiungere un obiettivo e dai quali poi si scende. Ma questa non è la mia concezione della politica. Un partito non può fare a meno di una leadership, ma deve essere scalabile e avere delle norme che garantiscano di sopravvivere a una possibile successione. Queste le ragioni per le quali ho ritenuto un errore abbandonare il progetto del Pdl, che aveva tutte le caratteristiche di una forza federatrice. Dunque Idea e Cambiamo, in un futuro politicamente bipolare, dovrebbe far parte dello schieramento di centrodestra… Io ritengo che una componente come la nostra sia per quel che concerne i numeri, sia per l’equilibrio della proposta politica, sia infine per la qualità della classe politica sia indispensabile a un centrodestra che voglia governare. Questa componente può nascere o attraverso un processo federativo di componenti esistentio attraverso un processo di trasformazione di uno dei soggetti del centrodestra che si apre a una logica federativa simile a quella dei partiti americani. Al momento, in questa fase, non vedo in atto nessuno di questi processi. Ma per vincere le elezioni ci vogliono i numeri, per resistere al governo ci vogliono equilibrio e classe dirigente all’altezza. Di un ipotetico campo liberale e riformatore potrebbero entrare a far parte anche forze moderate di centrosinistra come Italia Viva o Azione? Il sistema bipolare ha degli argini che vanno rispettati per la salute dell’intero sistema politico. Le forze di cui mi parla si collocano dall’altra parte del campo di gioco, di conseguenza con esse ci può essere un dialogo ma tenendo conto delle differenze di fondo. Il processo di aggregazione deve invece nascere attraverso la presa di coscienza di alcuni segmenti della classe politica e di potenziali leader di centrodestra della necessità di far partire dal basso una proposta di questo tipo. Penso che le leadership oggi come oggi nascano molto presto, non hanno bisogno di tempi estremamente lunghi. Mancano due anni e mezzo alla fine della legislatura ed è prevedibile che si arriverà fino in fondo. Il tempo c’è. Vi presenterete alle regionali di settembre? Presenteremo liste in molte sfide amministrative e a settembre potremmo trovarci con un potenziale di consiglieri regionali e comunali. C’è poi la sfida di Giovanni Toti in Liguria, sulla quale puntiamo maggiormente. Ma la partita più incerta si gioca in Puglia, dove avremo un rappresentante per ogni provincia nella lista che sostiene Raffaele Fitto, così come in Campania e in Liguria. Per le altre regioni ci stiamo ancora confrontando. Saremo a Matera, a Barletta, ad Andria, per fare alcuni esempi. Insomma, siamo pronti. Tornando alla situazione politica attuale, chiude in toto a un possibile sostegno a questo governo? Categoricamente. Di questo governo sono un avversario della prima ora e tale resterò. E se invece si formasse un ipotetico governo di unità nazionale? Un governo di unità nazionale si fa quando ci sono le emergenze e probabilmente sarebbe più adeguato alla situazione attuale, visto che questo esecutivo non ha nemmeno fatto lo sforzo di aprire al coinvolgimento di tutte le componenti parlamentari nel momento dell’emergenza. Dopo la seconda guerra mondiale, ad esempio, pur con la DC a fare da perno del sistema politico che andava formandosi, l’Assemblea Costituente rappresentava le diverse sensibilità della società civile. Tuttavia il nostro sostegno a un ipotetico governo diverso da quello attuale sarebbe legato al coinvolgimento di tutto il centrodestra, compresa la Lega di Matteo Salvini e Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni.