Se volessimo applicare una metafora diremmo che il mondo si è mosso negli ultimi sei mesi come un’imbarcazione incerta attraverso la bufera, navigando a vista. In quest’ottica non sorprende leggere tra le pagine dell’ultimo libro di Gennaro Malgieri, “Sotto il segno del pipistrello”, il diario di bordo di una traversata dolorosa. Nel piccolo volume edito da Fergen c’è tutto, come tutto si tiene dentro un’apocalisse contemporanea: la pandemia. «L’esistenza del Terzo Millennio, almeno in questa sua prima fase, si è rattrappita», scrive Malgieri. Già direttore del Secolo d’Italia e L’In-dipendente, il giornalista, saggista ed ex parlamentare non è nuovo alla scrittura intimista. Il suo zibaldone si compone «dall’età di 16 anni». Fin dalle prime avvisaglie del contagio, l’autore tiene traccia, giorno dopo giorno, dei fatti rilevanti accaduti tra gennaio e maggio 2020, corredandoli di considerazioni etiche, religiose e culturali. Tutto sotto il segno di un animale minaccioso, come recita il titolo, che Malgieri definisce “l’alieno invisibile”. Serbatoio del coronavirus Sars- Cov2, il pipistrello è quell’entità astratta e ingombrante che con le sue «ali nere e membranose» ha spazzato via in un istante la speranza nel futuro per rimpiazzarla con l’angoscia del presente. «I pipistrelli simboleggiano la forza delle tenebre, la morte e il caos». Il terrore della fine che l’autore si sforza di rappresentare in una riflessione a margine dell’emergenza. 27 gennaio 2020: «Wuhan è l’epicentro di un incubo moderno. Il paradigma di tutte le paure». Appena un mese prima, il 31 dicembre 2019, le autorità cinesi avevano comunicato all’Oms, l’organizzazione mondiale della sanità, che «una sconosciuta tipologia di Sars, simile alla polmonite, si è diffusa nella metropoli di Wuhan, un polo logistico e industriale dove si sperimentano innovazioni tecnologiche di altissimo livello. Il giorno dopo viene decisa la chiusura del mercato del pesce della città. Si avanza l’ipotesi che la strana polmonite possa essere causata da qualche animale selvatico». Il virus è ancora “un fatto esotico”, relegato a latitudini remote dal continente europeo.

Passiamo al 17 febbraio 2020: «la paura è globale». Si registra il primo morto in Francia, in Italia una coppia cinese in vacanza si trova in isolamento all’ospedale Spallanzani di Roma. L’infezione è conclamata da ormai due settimane, ma nel nostro paese la consapevolezza del contagio è ancora bassa: «incomincia una sarabanda più scientifica che politica». Alla cronaca di quei giorni accompagnata da stralci di giornale, Malgieri mescola l’etologia di Konrad Lorenz: la sua «scienza “etica” - spiega l’autore - è una scienza per il nostro tempo». Un’epoca di sentimenti inediti: «L’umanità si è scoperta fragile, impotente, impaurita. E’ come se le avessero tolto la certezza dell’immortalità». La pandemia è «un tragico e grottesco gioco», un fatto collettivo e individuale. Riguarda tutti, nessuno escluso, ma ognuno se ne sta nel vuoto del proprio isolamento. Siamo al 16 aprile 2020, il distanziamento sociale è già in fase avanzata. Dopo quaranta giorni di lockdown «il Decreto Conte 23/ 2020 sembra un pasticcio indigeribile». All’emergenza sanitaria si aggiunge quella economica. «Che ne sarà di noi?», si chiede Malgieri insieme al mondo intero. A scorrere l’utile indice analitico che chiude il libro, si conosce quanta suggestione letteraria e culturale abbia accompagnato la sua quarantena. Nei giorni della peste moderna, c’è spazio per Cioran e Marquez, per Agamben e Schmitt. C’è spazio per una profonda riflessione religiosa che corre parallela a quella filosofica e politica. Le pagine di questo diario sono intrise di Dio e speranza, di sentimento di libertà. E anche di attenta critica nei confronti delle politiche adottate dai singoli paesi. «Avendo dichiarato la pandemia, l’Oms avrebbe il dovere di aprire un’indagine su chi è stato il vero untore che ha favorito l'espansione del morbo in tutto il mondo», commenta Malgieri riferendosi alla Cina di Xi Jinping che avrebbe taciuto inizialmente l’evoluzione del contagio nella regione di Hubei. L’accusa non risparmia il nostro governo, e in particolare la scelta sostenuta dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio di accettare il carico di mascherine e attrezzatura medica spedite da Pechino a metà marzo: «se avessero riflettuto sulla “generosa” offerta cinese - commenta Malgieri - invece di comportarsi come “vassalli” di un Paese che propriamente “amico” non mi pare lo si possa definire, avrebbero dovuto chiedersi se non fosse stato il caso di chiedere al governo cinese un congruo risarcimento danni».