Caro direttore, ho letto con interesse la intervista che il Prof. Cottarelli ha rilasciato al Suo giornale ieri. Alcune delle proposte mi sembrano oggettivamente condivisibili: mi piacerebbe, che la organizzazione dei servizi dei Tribunali venisse affidata a chi ha competenze manageriali ( e ce ne sono anche tra i Direttori di cancelleria). La fase 2 dovrebbe avere aperto gli occhi a tutti: se l’organizzazione va in tilt, la giustizia semplicemente smette di funzionare.

Egualmente apprezzabile mi sembra la proposta di investire nella assunzione di personale amministrativo, e nella sua formazione: è fondamentale.

Sul resto, qualche perplessità ce l’ho. Nessuno può negare che, in astratto, possa essere utile “scoraggiare i comportamenti ’ dilatori’”; ma non vorrei che una affermazione del genere si risolvesse poi, nei fatti, in una limitazione delle facoltà di difesa dei cittadini. È volutamente dilatorio chiedere di avvalersi delle possibilità di difesa che la legge riconosce? Io credo di no.

È volutamente dilatorio fare appello, se si è convinti che una sentenza sia sbagliata? Io credo di no.

E non lo può diventare, si badi, sulla base di un giudizio ex post, solo perché la impugnazione è stata respinta: perché, altrimenti, andrebbe a finire che a potere fare appello sarebbero soltanto i ricchi, con buona pace dell’art. 24 della Costituzione, che impone di consentire a “tutti” di agire in giudizio. Certo, ci possono essere impugnazioni che ex ante appaiono temerarie, ma per quelle non c’è bisogno di riforme: c’è già l’art. 96 del codice di rito. Per questo, sono contrario alla introduzione di altre sanzioni, ed anzi visto che ci siamo abolirei il raddoppio del contributo unificato oggi previsto per chi perde in fase di gravame: già quello, mi sembra iniquo.

Io credo che l’accesso alla giustizia non debba essere ostacolato in alcun modo: mi piacerebbe che fosse gratuito per tutti.

E, per carità, smettiamola con battute stantie tipo “causa che pende, causa che rende”: non si riforma la giustizia civile in base a stereotipi del passato. Oggi, gli avvocati fanno il preventivo.

E poi: piuttosto che andarsi ad imbarcare su opinabili discussioni su cosa è dilatorio, e cosa legittimo esercizio del diritto di difesa, perché non incentivare i comportamenti virtuosi? Nel nostro ordinamento c’è un procedimento sommario, che sicuramente dilatorio non è: perché non pagarlo di più, o sopprimere il contributo unificato per chi vi ricorre?

Nel nostro ordinamento c’è un procedimento arbitrale, che si conclude in tempi rapidi che addirittura possono essere stabiliti dalle parti: perché non incentivare chi lo utilizza?

Nel nostro ordinamento, le conciliazioni assistite “alleggeriscono” il sopraccarico della giustizia: perché non agevolare chi le raggiunge, piuttosto che imporre altri obblighi ed altri oneri ai cittadini?

E veniamo alla velocità dei processi, che è concetto ripetuto più volte, tanto da essere stato giustamente ripreso nel titolo.

Non c’è dubbio che un processo troppo lento non è “giusto”, ma questo non significa che uno rapido necessariamente lo sia, e quindi che i magistrati debbano essere valutati in base alla velocità con cui pronunciano le loro decisioni.

Lo confesso: sono preoccupato.

Il difficile equilibrio tra una sentenza giusta, ed una sentenza pronta, non può essere risolto semplicemente dando la preferenza a quest’ultima, senza correttivi adeguati. Mi sta bene premiare coloro che pronunziano sentenze pronte, a condizione che siano anche giuste: forse, per questo, basta verificare se esse vengono confermate nei successivi gradi di giudizio. Il consenso dei giudici di grado superiore può essere una adeguata cartina al tornasole. Ma se qualcuno pronuncia decisioni rapide, che puntualmente vengono poi riformate, non sta facendo una giustizia veloce: sta facendo giustizia sommaria, che è cosa ben diversa. Certo, bisogna affrontare il macigno dell’arretrato; ma non credo che un problema di quelle dimensioni possa essere risolto richiamando dalla ( per fortuna, adeguata) pensione alcuni magistrati ultrasettantenni, per arzilli che siano: perché non fare largo ai giovani?

Anche qui, non dovrebbe essere impossibile accoppiare la forza e l’entusiasmo della gioventù con la saggezza dell’esperienza: basta ripristinare il Collegio, rimpianto da molti che un po’ pure se ne intendono. Sui costi di accesso alla giustizia, con piacere prendo atto che non si parla più di quadruplicare il contributo unificato o triplicare le spese dei giudizi di Cassazione, e che ci si vuole limitare a portare quei costi al livello della media europea; ma è ovvio che bisogna tenere conto del fatto che la media dei redditi degli italiani è più bassa di quella dei cittadini europei, e dunque fissare gli stessi costi significa rendere la giustizia in proporzione più cara che altrove: davvero si vuole fare questo, nel momento in cui la crisi ha svuotato il portafoglio degli italiani?

Devo concludere.

Io penso che chi si occupa di giustizia civile debba ringraziare il Prof. Cottarelli e chi, come lui, giustamente si affanna a mettere in luce come anche il mondo della giustizia debba fare i conti con la propria produttività; ma bisogna essere molto cauti, perché quelle sagge considerazioni, nella applicazione pratica, possono produrre ( ed a volte hanno prodotto) risultati iniqui: di buone intenzioni, è lastricata la via per l’inferno.

La organizzazione dei Tribunali presenta dei profili di tipo aziendale, è vero; ma i Tribunali non sono aziende: sono il presidio della legalità. E le sentenze non sono prodotti, come i diritti sui quali intervengono non sono merce: sono la vita – economica, lavorativa, affettiva, sociale, ecc. – dei cittadini. Una durata ragionevole, è quella che consente una ponderazione adeguata alla rilevanza di quei valori e di quei diritti di cui nei processi si discute e decide.

Oggi, si può sperare di contemperare le varie esigenze, perché forse per la prima volta si prospetta la possibilità di accedere a risorse europee che potrebbero evitare una guerra dei poveri tra Tribunali, scuole ed ospedali; non sprechiamola, e prepariamo un piano straordinario per la giustizia; ma che sia una giustizia giusta, e per tutti, non solo veloce. Con i miei saluti più cordiali

* presidente Unione nazionale Camere civili