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HomeGiustizia
Giustizia Simona Musco 7 Jul 2020 09:22 CEST

Processo da remoto addio: la sperimentazione finisce il 31 ottobre

Dl rilancio, l’emendamento approvato in Commissione Bilancio. Ma dai deputati arriva anche l’ok per implementare lo smart working: il 50% dei dipendenti pubblici potrà lavorare da casa fine a fine anno

Sì alla sperimentazione del processo da remoto, ma solo fino ad ottobre. E sì, allo stesso tempo, anche allo smart working per i cancellieri, con un possibile rigurgito delle polemiche con l’avvocatura delle scorse settimane. Sono questi i compromessi raggiunti in Commissione Bilancio alla Camera, in sede referente, dove il 3 luglio scorso è stato approvato l’emendamento contenuto nel dl Rilancio all’articolo 83 del Cura Italia, che ha disciplinato i processi durante il periodo dell’emergenza. Un emendamento che, in origine, proponeva una sorta di “test” fino al 31 dicembre del 2021, con lo scopo di «valorizzare, con introduzione in via sperimentale, istituti sulla cui attuazione si sono avuti riscontri positivi e che, in mancanza di una specifica normativa, sono destinati a cessare alla data del 30 giugno». Ovvero, in particolare, il processo da remoto, vero pomo della discordia nella diatriba tra l’avvocatura e il ministero della Giustizia. Una sperimentazione sulla quale tutti, in primis il Consiglio nazionale forense, hanno chiesto un passo indietro, chiedendo di affidare alle parti il compito di decidere, in ogni caso, come svolgere i processi per salvaguardare il contraddittorio. Il nuovo emendamento accorcia ora in maniera drastica il periodo di prova, senza attendere nemmeno la fine dello Stato d’emergenza, prorogato dal Governo fino al 31 dicembre 2020.

31 ottobre, “fine” del Cura Italia per la Giustizia

 

Sarà il 31 ottobre, dunque, la data fino alla quale saranno valide le disposizioni previste dal Cura Italia, che prevedono la limitazione dell’accesso del pubblico agli uffici giudiziari, l’adozione di linee guida vincolanti per la fissazione e la trattazione delle udienze, da celebrare a porte chiuse, e il processo da remoto (o lo scambio e il deposito telematico di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni) per le udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori e dalle parti, con sospensione della decorrenza dei termini di prescrizione per il tempo in cui il procedimento è rinviato. L’emendamento sospende, inoltre, il termine per proporre querela per il periodo compreso tra il 9 marzo e il 31 maggio 2020. Ma mentre, da un lato, si concede qualcosa agli avvocati, dall’altro si punta a stabilizzare l’altro aspetto tanto criticato dall’avvocatura: lo smart working per i dipendenti degli uffici pubblici. E, quindi, anche per i cancellieri, con i quali gli ordini, nelle scorse settimane, sono entrati in polemica, sottolineando come il lavoro agile non consentisse di far ripartire effettivamente la giustizia.

Processi, ecco cosa prevede l’emendamento

 

Per quanto riguarda i processi civili, il giudice potrà disporre il deposito telematico, comunicandolo alle parti almeno trenta giorni prima dell’udienza, assegnando un termine fino a cinque giorni prima per il deposito delle note. Una volta ricevuta la comunicazione, ci saranno cinque giorni di tempo per chiedere la trattazione orale. Sempre su richiesta di una o più parti, avanzata almeno 15 giorni prima della data dell’udienza, il processo potrà svolgersi da remoto, con il collegamento della parte solo dalla stessa postazione utilizzata dal difensore, mentre il giudice sarà comunque in ufficio. «Lo svolgimento dell’udienza – si legge nell’emendamento – deve in ogni caso avvenire con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l’effettiva partecipazione». Per quanto riguarda i processi penali, invece, «la partecipazione a qualsiasi udienza degli imputati in stato di custodia cautelare in carcere o detenuti per altra causa e dei condannati detenuti è assicurata, con il consenso delle parti e, ove possibile, mediante collegamenti audiovisivi a distanza». L’udienza si terrà con la presenza del giudice, del pubblico ministero e dell’ausiliario del giudice in tribunale, «con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l’effettiva partecipazione delle parti». L’emendamento regola anche i colloqui negli istituti penitenziari e in quelli penali per minorenni, che si potranno svolgere, dove possibile, a distanza, su richiesta o in caso sia indispensabile per salvaguardare la salute delle persone detenute o internate, anche oltre i limiti stabiliti dal regolamento numero 230 del 2000, che garantisce un colloquio telefonico a settimana e due al mese per i detenuti ostativi. Infine, è autorizzato il deposito con modalità telematica, presso gli uffici del pubblico ministero, di memorie, documenti, richieste e istanze previste dall’avviso di conclusione delle indagini, nonché di atti e documenti da parte degli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria.

Le novità per lo smart working

 

L’emendamento all’articolo 263 del dl Rilancio, presentato dal Movimento 5 Stelle e poi approvato dalla Commissione, prevede, fino a fine 2020, il raggiungimento del 50 per cento dei lavoratori in smart working, forbice da allargare negli anni successivi, per arrivare ad un totale del 60 per cento. Le amministrazioni, «fino al 31 dicembre 2020 – si legge – organizzano il lavoro dei propri dipendenti e l’erogazione dei servizi attraverso la flessibilità dell’orario di lavoro, rivedendone l’articolazione giornaliera e settimanale, introducendo modalità di interlocuzione programmata, anche attraverso soluzioni digitali e non in presenza con l’utenza, applicando il lavoro agile (…) al 50 per cento del personale impiegato nelle attività che possono essere svolte in tale modalità». Insomma, la polemica è destinata a continuare.

 
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