Al leader della Lega Matteo Salvini non piace l’esistenza del Garante nazionale delle persone private della libertà, per lui è il “Garante dei delinquenti”. In un'altra circostanza, quando è sceso in piazza con i sindacalisti del Sindacato autonomo della polizia penitenziaria (Sappe), ha esternato: «I Garanti dei detenuti, per quello che mi riguarda, potrebbero trovarsi un altro mestiere e occuparsi di altro».

Eppure Matteo Salvini dovrebbe sapere che una figura di garanzia è importante anche per lui. Sa benissimo, perché i suoi fedelissimi del Carroccio fecero polemica anche su questo, che il Garante vigila su diverse aree dove di fatto esiste la privazione della libertà. Non solo quella carceraria. Ci sono le Residenze sanitarie assistenziali (Rsa) dove vengono ospitati gli anziani, in alcuni casi anche cinquantenni, che soffrono ad esempio di gravi forme di Alzheimer.

Ultimamente sono finiti al centro della cronaca proprio per l’emergenza Covid 19, teatro di una spaventosa diffusione del contagio e relative morti. Il Garante nazionale si è subito attivato, in sinergia con l’Istituto superiore della sanità, per mettere in luce la difficoltà del reperimento dei dispositivi di protezione individuale e nello stesso tempo la vulnerabilità delle persone anziane. Ecco, Salvini potenzialmente, come tutti noi, un giorno potrebbe finire lì. Anche quei luoghi sono monitorati dal Garante, perché con il tempo, in qualsiasi luogo segregante, è facile che si ledano i diritti della persona ospitata.

Ma anche il carcere non è così lontano. Un contenitore di realtà più disparate. Perfino di gente perbene e anche potente, perché anche la gente perbene e potente prima o poi potrebbe cadere in disgrazia. E quando sono decaduti non se li fila più nessuno. A pensare a loro, alla loro dignità, di solito ci rimangono i compagni di cella stessi, preti, qualche associazione e i Radicali. E lo Stato? L'unico organo indipendente che monitora è appunto quello del Garante nazionale.

Si potrebbero fare mille esempi. Uno è quello dell’ex senatore Marcello Dell’Utri. Fino a qualche tempo fa era rimasto in carcere nonostante la sua malattia incompatibile con regime penitenziario. Tutte le relazioni mediche avevano chiesto la detenzione domiciliare, ma il tribunale di sorveglianza faceva muro. Quando l’autorità del garante composta dal presidente Mauro Palma e dai componenti Daniela de Robert ed Emilia Rossi era andato a far visita al carcere di Rebibbia, visitò il reparto sanitario del G8 e tra i vari detenuti, incontrò anche Dell’Utri e constatò che le sue condizioni di salute erano particolarmente critiche. La relazione, come da prassi, è stata mandata alle autorità competenti. Il Garante non fa alcuna differenza tra detenuti. Può essere un migrante, un Dell’Utri, un ergastolano o un piccolo scippatore.

Chi viene privato della libertà personale dall’autorità, non deve perdere per questo i diritti umani fondamentali: questa è la differenza tra uno Stato di diritto e quello autoritario. Non a caso, la figura del garante nazionale non esiste nei Paesi come l’Iran che Salvini, giustamente, stigmatizza. Solo per questo, e tanto altro ancora, lo stesso leader della Lega dovrebbe tenersi stretta questa figura statale indipendente e fare una battaglia in Parlamento affinché sia più autorevole.