L’inchiesta sui presunti affidi illeciti, da tutti conosciuta impropriamente come “Caso Bibbiano”, arriva per la prima volta davanti ad un giudice. Con l’udienza preliminare fissata il prossimo 30 ottobre davanti al Gup di Reggio Emilia, che dovrà decidere se rinviare a giudizio le 24 persone coinvolte nell’indagine “Angeli e Demoni” per le quali il pm Valentina Salvi ha chiesto il processo. Uno snodo cruciale, dopo mesi di polemiche e di campagne elettorali, costruite dalla destra col pretesto della presenza, tra gli indagati, di un sindaco del Pd - Andrea Carletti - per il quale ora è stato chiesto il giudizio. Ma lungi dall’essere accusato di “traffico di bambini”, Carletti rischia il processo per falso e abuso d’ufficio. Nulla a che vedere, dunque, con l’identikit del mostro cucitagli addosso e che gli è valso mesi di gogna mediatica, cavalcati dalla Lega in vista delle regionali - poi perse -, senza sfiorare minimamente il campionario degli orrori ipotizzato dai capi d’imputazione, che sono in totale 107.

"Angeli e Demoni": si va verso il processo

Il dibattimento si preannuncia mastodontico, con 155 testimoni citati dall’accusa e 48 parti offese, tra le quali il ministero della Giustizia, la Regione Emilia Romagna e l’Unione dei Comuni della Val d’Enza. L’inchiesta, a giugno dello scorso anno, è stata presentata come un film horror fatto di lavaggi del cervello, con ore e ore di psicoterapia e suggestioni indotte attraverso impulsi elettrici, per alterare «lo stato della memoria in prossimità dei colloqui giudiziari» e sottrarre bambini a famiglie innocenti col solo scopo di guadagnare col sistema degli affidi, per un business da circa 200mila euro. Nelle 78 pagine firmate dal pm Salvi l’imputata principale risulta essere Federica Anghinolfi, ex dirigente dei servizi sociali della val d’Enza, che porta sul groppone una sessantina di capi d’imputazione sui 107 messi nero su bianco dalla procura: dal falso ideologico alla frode processuale, passando per violenza privata, falsa perizia ed abuso d’ufficio. Trattata pubblicamente come un orco senza diritto al contraddittorio, adesso, afferma Rossella Ognibene, componente del collegio difensivo, «Federica Anghinolfi potrà esercitare appieno il suo diritto di difesa. Questo avverrà finalmente davanti ad un Giudice in Tribunale e non in piazza o sul web, come purtroppo è accaduto sino ad ora. In quella sede affronteremo – tra l’altro e in prima analisi - tutte le anomalie delle accuse rivolte alla dottoressa Anghinolfi. Sarà un Tribunale a valutare accuse e difese e sarà la decisione di un Giudice a stabilire l’eventuale rinvio a giudizio che, nel caso, darà luogo a un legittimo processo nella aule di Giustizia».

Tribunale dei minori parte lesa

L’altro aspetto riguarda il Tribunale dei minori, inizialmente tirato in ballo da chi riteneva che ci fosse quantomeno negligenza da parte di magistrati e giudici e ora riconosciuto come parte lesa, vittima di frode processuale, depistaggio ed induzione in errore in oltre una decina di capi d’accusa. «Dall’inizio di questa bruttissima vicenda, ho sempre detto in ogni sede che chi ha sbagliato e ne sia accertata la responsabilità penale, che è sempre personale, deve essere punito ed anche severamente, senza sconti - ha commentato Giuseppe Spadaro, presidente del Tribunale dei minori -. E questo perché i bambini sono sacri e le loro le famiglie pure, quando però funzionanti. Se dovessero risultare colpevoli sarei profondamente indignato, perché loro sanno essere la nostra longa manus sui territori e le loro relazioni fanno prova fino a querela di falso, spero davvero che nessuno, in nome di un interesse economico o di una perversa ideologia, possa giungere a tanto. Personalmente, avuta la notizia dell’indagine rivisitai autonomamente ed immediatamente, ad uno ad uno, tutti i fascicoli che vedevano coinvolti quegli operatori di quel servizio sociale assumendo, ove si imponeva, ogni necessaria decisione, e questo perché a me e a tutti i giudici minorili di Bologna stanno veramente a cuore quei bambini, come stanno a cuore tutti quelli per i quali siamo chiamati ad intervenire. La circostanza che la richiesta di rinvio a giudizio degli imputati sia stata notificata al ministero, con ciò ravvisando, di fatto, nel Tribunale che presiedo, la parte offesa, è un elemento più che significativo di conferma e non aggiungo altro. Ora occorre lasciare lavorare in serenità i giudici penali e attendere l’esito del processo, sino alla Cassazione. Saranno le sentenze penali a parlare».