«Non lo abbiamo sentito perché il nostro statuto non lo prevede». Punto. LAnm, come organismo, non ha altro da replicare, per ora, alle nuove bordate delluragano Palamara, alle accuse rilanciate dallex presidente dellassociazione, in queste ore, dopo esserne stato espulso nella riunione di ieri. Luca Palamara ha pronunciato diverse chiamate in correo nelle conversazioni pubblicate stamattina da Repubblica, dal Fatto e dalla Verità: per esempio nei confronti di Eugenio Albamonte, che ha già annunciato querela, o di Giuliano Caputo, che del sindacato delle toghe è attualmente il segretario.«Un giudice dovrebbe essere in grado di leggere lo Statuto di una associazione», si legge dunque nella nota diffusa dalla giunta dellAnm, «ancora di più quando ne è stato presidente. Il dottor Palamara non è stato sentito dal Cdc», il parlamentino dellassociazione, «semplicemente perché lo Statuto non lo prevede. Non vi sono altre ragioni». In realtà sembra abbastanza chiaro che la scelta di non accogliere, nella riunione di sabato, la richiesta avanzata da Palamara di poter pronunciare un estremo atto autodifensivo sia derivata da rischio che Palamara potesse sferrare in assemblea le stesse accuse lanciate poi dai giornali, con la conseguente trasformazione della riunione in una vera e propria corrida. «Quando dice che non ha avuto spazio per difendersi, Palamara mente: è stato sentito dai probiviri, e in tutta la procedura disciplinare non hai mai preso una posizione in merito agli incontri con consiglieri del Csm, parlamentari e imputati. E, come lui, gli altri incolpati», incalza, nella propria nota, la giunta dell Anm. «Le regole si rispettano, anche quando non fanno comodo». Palamara, sostengono i suoi colleghi, «cerca ora di ingannare lopinione pubblica con una mistificazione dei fatti: la contestazione riguardava gli incontri notturni allhotel Champagne e linterferenza illecita nellattività consiliare, fatti purtroppo veri, e per questo sanzionati».