"Se avessi avuto notizie Di reato avrei avuto la sede per riferirle, ossia le procure della Repubblica, se avessi avuto elementi per ritenere che il ministro aveva cambiato idea perché indotto dai mafiosi lo avrei detto. In quel momento, l'idea che ho avuto e' che il ministro non era in grado Di valutare bene certe dinamiche della lotta alla mafia". Lo ha detto il togato del Csm Nino Di Matteo, in Commissione Antimafia, il quale ribadisce Di aver parlato, nella prima telefonata avuta con Bonafede, della nota del Gom in cui venivano riportate proteste Di detenuti al 41 bis relative alle voci sulla possibile nomina Di Di Matteo al Dap. "Non ne ho parlato al ministro per farmi bello - ha detto il magistrato - ma perche' avevo dubbi che non ne sapesse nulla, e lo volevo avvertire, per un senso Di collaborazione istituzionale. Quella nota era rivolta a uffici ministeriali, non al ministro o al capo Di gabinetto, quindi in quel momento ho pensato Di essere leale con una persona che mi aveva scelto come capo del Dap". "Non e' corretto parlare Di percezione o Di malinteso, perche' mi si dipinge come un raccontaballe o come uno che non ha capito", ha aggiunto Nino Di Matteo. In ogni caso Di Matteo ha chiarito che le recenti scarcerazioni Di boss per le misure dovute all'emergenza coronavirus sono state per i mafiosi "un segnale di cedimento e per loro di speranza". Per il procuratore "sono state devastanti perché molti mafiosi all'ergastolo vivono aspettando segnali".