D’ora in poi le donne umbre che chiederanno l’aborto farmacologico, dovranno obbligatoriamente essere ricoverate per tre giorni in ospedale. A stabilirlo e a provocare un’ondata di proteste a livello locale e nazionale è un’iniziativa della presidente della Regione Umbria, la leghista Donatella Tesei, che ha abrogato la legge regionale voluta dal centrosinistra che permetteva l’assunzione della pillola abortiva Ru486 in day hospital. «Io difendo le donne: per l’aborto farmacologico ci vogliono tre giorni di ricovero. Io mi limito ad applicare le linee guida del ministero della Sanità», ha detto Tesei, facendo riferimento a linee guida del 2010 che però lasciano libertà di gestione alle Regioni. E ancora, «Le donne sono libere di scegliere, ma in sicurezza. Ma credo sia naturale voler difendere la vita». Quanto alla possibilità di esporre, con il ricovero, le donne al contagio da coronavirus, «l’Umbria è ormai una regione quasi Covid free». Contro la scelta di Tesei, tuttavia, si sono schierati per primi i medici: «Dal 2005 in Francia è il medico di famiglia che vede la donna e le consegna le pasticche necessarie per l’interruzione volontaria di gravidanza in un’unica volta. Dopo 15 anni, se ci fossero stati problemi, lo avremmo saputo», ha spiegato Silvana Agatone, presidente della Libera associazione italiana ginecologi per la legge 194. «Sulla base dell’esperienza di oltre 15.000 procedure chiedo al ministro della Salute Roberto Speranza di revocare la circolare che prevede tre giorni di ricovero per l’aborto farmacologico. Oggi ho somministrato 9 Ru486 in regime di Day Hospital», ha aggiunto Silvio Viale, dirigente medico Ostetricia e Ginecologia presso Aou Città della Salute e della Scienza di Torino.

Sul fronte ministeriale, anche Roberto Speranza si è immediatamente attivato, richiedendo formalmente un parere al Consiglio Superiore di Sanità, alla luce delle più recenti evidenze scientifiche, in merito alla interruzione volontaria di gravidanza con il metodo farmacologico. Al ministro si sono appellate anche le deputate del Pd, che hanno annunciato una interrogazione: «La decisione della Regione Umbria di cancellare la delibera del centrosinistra che permetteva di effettuare l’aborto farmacologico con la Ru486 senza il ricovero in ospedale è una grave lesione dei diritti delle donne, mascherata dietro una inesistente esigenza sanitaria. L’operazione politica oscurantista messa in atto della presidente Donatella Tesei, spalleggiata dal senatore della Lega, Simone Pillon, intende rimettere indietro le lancette della storia e si inserisce in un quadro più generale da sempre perseguito dal partito di Salvini». Sulla stessa linea si è schierato anche il Movimento 5 Stelle, con la senatrice umbra Emma Pavanelli che ha parlato di «“pillola” di Pillon che riporta l’Umbria al medioevo, avvallata dalla presidente Tesei. Calpestato il diritto di scelta della donna. La libertà di scegliere della propria vita e di come questa deve realizzarsi nel futuro. Calpestati i diritti della persona per ingraziarsi il consenso di una lobby di elettori. Poi chi se ne frega se molte donne cadono nella tela dell’aborto clandestino, pericoloso e mortale, molto spesso operato dalle stesse persone che per facciata fanno i falsi moralisti. Dietro ogni aborto c’è una storia personale, sono storie terribili, di violenza e di condizioni ai limiti dell’umano. Oltre allo shock di dover rinunciare al parto ora si aggiunge anche il ricovero ospedaliero». A tenere banco è anche il possibile “suggerimento” della norma a Tesei da parte del collega di partito, Simone Pillon, da sempre sostenitore dell’abolizione della 194. La diretta interessata ha smentito, dicendo che «la mia scelta è esclusivamente sanitaria e garantista nei confronti delle donne? Sono un’avvocata, credo nelle leggi e le applico. Non entro nella libertà personale, qui non ci sono in gioco le mie idee». Tuttavia, proprio il senatore Pillon è intervenuto sull’iniziativa di Tesei, dandone dei connotati parzialmente diversi: «Difendiamo la vita. Quella dei figli e quella delle loro mamme. Lo avevamo detto e lo avevamo promesso impegnando per iscritto i candidati. Ora aiutiamo con serie misure economiche ogni gravidanza fin dal suo inizio. Dopo tanti morti per il Covid abbiamo tutti il desiderio di vedere il trionfo della vita». Insomma, i tre giorni di ospedalizzazione, a leggere le parole di Pillon, dovrebbero servire a disincentivare l’interruzione di gravidanza più che a tutelare la salute delle donne.