Sorpresa per il tono risoluto dell’avvocatura? No, nessuna sorpresa. Perché la chiarezza, ai limiti dell’aspro, con cui la massima istituzione forense accoglie l’annunciata fine della paralisi giudiziaria, fissata al 30 giugno, è in linea con le proteste attivate nelle ultime settimane in tutti i Fori d’Italia. «Bel segnale la ripartenza della giustizia dal 30 giugno», dice la presidente facente funzioni del Cnf, Maria Masi, ma a condizione che sia «effettiva». E per essere tale, spiega Masi, la ripresa nei Tribunali necessita «della più ampia e continuativa presenza dei cancellieri».

«Come più volte sottolineato», aggiunge il vertice del Consiglio nazionale forense, la fisica ripresa del sevizio da parte del personale amministrativo è condizione «necessaria», appunto, «funzionale all’attività giurisdizionale stessa».

Quindi: seppure il 30 finisse il lockdown dei diritti e dal 1° luglio fosse consentito tenere regolarmente le udienze, il tutto rischierebbe di essere solo virtuale, qualora negli uffici continuasse a regnare il deserto. E, data del 30 giugno a parte, «in ogni caso, nulla impedisce ai vertici degli uffici giudiziari, sussistendone i presupposti, di adottare sin da ora provvedimenti utili ad anticipare il riavvio delle attività, così come si sta verificando in alcuni pochissimi distretti», ricorda ancora la presidente del Cnf.

L’asprezza del messaggio di Masi è riconoscibile però soprattutto nel passaggio immediatamente successivo: «Se non sarà consentita l’effettiva ripartenza della giustizia, con le conseguenze prevedibili e già attenzionate anche dall’Europa, sarà chiaro a chi attribuire la responsabilità della persistente indifferenza nei confronti della tutela dei cittadini». Riferimento appunto alle scelte ora da compiere per superare lo smart working nei Tribunali.

«Ridefinire la linea programmatica economica del Paese è importante, ma essenziale è ricominciare a considerare tale la giustizia», dice ancora il vertice della massima istituzione forense.

Che certo, riconosce come la fine del lockdown al 30 giugno «sarebbe sicuramente un bel segnale per gli avvocati e i cittadini che attendono da mesi di veder riconosciuti i propri diritti, tenuto conto che le esigenze di natura sanitaria sono, al momento, ridotte e affievolite». Ricorda sì che «la concreta ripresa dell’attività giudiziaria assolve le indicazioni e le richieste che il Consiglio nazionale forense aveva manifestato nei giorni scorsi al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede». Ma avverte pure che «sarà nostra cura monitorare l’iter e l’approvazione del provvedimento allo studio del Parlamento». Perché dalla chiarezza delle regole, ora davvero dipende tutto.