«United Colors of Benetton e Autogrill investono moltissimo in pubblicità sulla carta stampata e la carta stampata, che vive una crisi senza precedenti, ha bisogno di quel denaro». Alessandro Di Battista torna a farsi vivo su Facebook battendo su uno dei temi a lui più cari: la revoca delle concessioni autostradali alla famiglia Benetton. Senza entrare nel merito della questione, c’è un passaggio che però salta all’occhio: l’analisi del potere mediatico dei proprietari di Atlantia costruito anche agli ingenti investimenti pubblicitari che i Benetton garantiscono a buona parte della stampa italiana. Preoccupazione legittima, il diritto di cronaca e di critica non dovrebbe mai essere condizionato dalle prebende private. Peccato che a sostenerlo sia la stessa persona, Di Battista, che da almeno sette anni grida allo scandalo per la mancata abolizione del finanziamento pubblico all’editoria, un cotributo fondamentale per garantire la libertà e il pluralismo d’espressione, al di fuori del Blog delle Stelle. Un esempio su tutti? Radio Radicale. Appena un anno fa, il leader movimentista scriveva su Facebook: «Non ho nulla contro Radio Radicale. Ce l'ho a morte con il finanziamento pubblico all'editoria». Perfetto. Allora come salvare un radio che da decenni fa servizio pubblico? Il suggerimento di Dibba non lascia scampo a fraintendimenti: «La cara Emma potrebbe chiamare il suo amico George Soros e, dopo averlo ringraziato per i 200.000 euro appena donati da lui a +Europa, potrebbe chiedergli per Radio Radicale l'1% di tutto ciò che incassò nel 1992 con quella speculazione che fece a danno della lira e della nostra economia». Delle due l’una: o Di Battista lascia che qualsiasi privato possa investire in pubblicità per far sopravvivere i giornali, o abiura alle sue posizioni.